Page 420 - La mirabile visione
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battesimo fu il passaggio dell'Acheronte, e sì, che ingresso alla
vita contemplativa fu quel passaggio; e che il poema di Dante ha,
dunque, tale argomento, di rinunzia alla vita attiva, e che perciò
non fu potuto cominciare se non dopo la morte d'Arrigo
imperatore; e che la selva oscura è il peccato originale, come il
vestibolo e il limbo, e che perciò le tre fiere sono il peccato
attuale ossia le tre disposizioni; e che son vere tante illazioni e
tanti corollari che ho esposti nei miei libri danteschi, e che è certo
che io, aiutato certo nella mia umiltà dalla grande anima di colui
che morì nella mia terra, ho veduto attraverso il velame e ho
contemplata la mirabile visione.
Vita contemplativa è per eccellenza di coloro che fanno la
professione religiosa. Ebbene la professione religiosa è detta e
considerata un "secondo battesimo". Primo fu, credo, S. Girolamo
a usare questa espressione. Egli dice, scrivendo A Paula, sulla
morte della figlia di lei: "In vero se immaturamente la morte
l'avesse rapita mentre era in desiderii secolari e pensava (Dio ne
tenga lontani i suoi!) alle delizie di questa vita, sarebbe ella stata
da piangere. Ma poichè invece, col favore del Cristo, già da
quattro mesi s'è lavata col secondo, per così dire battesimo del
proposito (cioè della profession religiosa), e quindi ella è vissuta
così che, spregiato il mondo, ha sempre avuto in cuore il
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monastero..." non c'è da piangere . Questo concetto ricorre più
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volte nel fedele di Maria, maestro di Dante . Egli dice:
425 Hier. Ep. XXV ad Paulam. Si noti la frase calcato mundo.
426 Il medesimo S. Girolamo nell'epistola a Demetriade: Quia saeculum
reliquisti et secundo post baptismum gradu inisti pactum cum adversario
tuo, dicens ei, Renuntio tibi, diabole, et saeculo tuo et pompae tuae et
operibus tuis, serva foedus quod pepigisti. S. Pier Damiano (Opusc. 16) ha,
scrivendo a un vescovo che chiamava al secolo i monaci: Dic, obsecro,
legisti aliquando vitae monasticae propositum secundum esse baptisma?
Sed quia hoc inveniri in dictis Patrum perspicuum est, negare licitum non
est. Invero tal sentenza è anche in questi autori che non posso ora
confrontare: Theodori Studitae testamentum apud Baronium, t. IX; Odo
Abbas Cluniacensis, Collationum lib. II cap. 7.
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