Page 417 - La mirabile visione
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viaggio dell'antico se non al medesimo patto: seppellire il corpo
           d'un amico: soltanto così. L'esattezza è mirabile: soltanto così,
           Dante vedrà la selva Stigia, sarà nei regni invii ai viventi. E il
           corpo deve essere esanime.
              D'un amico, del primo amico, come Dante poteva intendere
           che fosse Miseno Eolide a Enea, da quei versi che ricordò nella
           Monarchia: "Si ha da ascoltare il medesimo (Virgilio) nel sesto,
           quando parlando di Miseno morto, che era stato ministro d'Ettore
           in guerra, e dopo la morte di Ettore s'era fatto ministro d'Enea,
           dice Miseno  non inferiora sequutum  etc.". Del primo amico, e
           ministro   suo   in   guerra.   Perchè,   chi   è   colui   che   Dante   deve
           seppellire?   Il   proprio   corpo,   sè   stesso.   Invero   l'uomo   "dal
           principio sè stesso ama". (Co. 4, 22) Ecco il primo amico; vero è
           che poi "conoscendo in sè diverse parti, quelle che in lui sono più
           nobili, più ama", e poichè "più nobile parte dell'uomo sia l'animo
           che il corpo, quello più ama". (ib.) Ma lì si dice "ama" per dire
           "deve amare"; nel fatto, ama più ciò che deve amar meno: il
           corpo.  E   qui  si  tratta  di   uomo  che   ritorna  a   essere  ciò  che
           dovrebbe essere e non è; d'uomo che ha da seppellire, dunque,
           quello che ama più e deve amar meno: il corpo. Chè qui si parla
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           di battesimo .
              S. Paolo (Dante dopo essere stato Enea, diverrà Paolo) ha del
           battesimo queste due gradazioni del medesimo concetto che è
           "quicumque  baptizati  sumus  in Christo Iesu,  in morte  ipsius
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           baptizati sumus : la prima: "mortui sumus cum Christo" ; la
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           seconda: "consepulti sumus  cum illo per baptismum in mortem,
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           o  complantati   facti   sumus   similitudini   mortis   eius".   La
              inferos   descensus   inquiritur,   id   est,   dum   quis   futura   considerat,   tunc
              sapientia  obscura secretaque mysteria penetrat". E qui aggiunge: "Sed
              sepeliat ante Misenum necesse est".
           417   Vel. Il passaggio dell'Acheronte.
           418   Ad Rom. VI 3, et al.
           419   ib. 8, et al.
           420   ib. 4 e 5.


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