Page 416 - La mirabile visione
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XXXIV.
MISENO
Dante, come Enea, va per altro viaggio a cercare il suo
Anchise, e trova prima il suo Museo che lo conduce a lui; come
Giacobbe, serve, nel tempo e modo stesso, a Laban che è la
Grazia della remission de' peccati; per avere la sua Rachele. Ma è
Dante, non Enea e non Giacobbe: egli va a cercare e vuol avere la
sua inveterata, in cui è la vecchiezza sapiente di Anchise e la
giovane e bella femminilità di Rachele. E alla sua antica ed
eternamente giovane Beatrice è addotto non dal vecchio Museo,
ma dall'eternamente giovane e antica Musa, Matelda.
Enea ha, per iscendere, un ammonimento dal suo vate, cioè
dalla Sibilla: "hunc... conde sepulcro!" (Aen. VI 122) "T'hai il
corpo esanime d'un amico, e non lo sai. Portalo al luogo suo:
seppelliscilo: soltanto così vedrai le selve Stigie e i regni dove i
vivi non possono penetrare" . Il novello Enea non può fare il
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416 Non fu tralasciato da Fulgenzio il precetto che sapeva tanto di mistico.
"Sed sepeliat ante Misenum necesse est". Per lui però Miseno è la pompa
della vana lode. L'ispirazione che n'ebbe Dante, è tuttavia manifesta. In
vero ecco, per chi n'ha bisogno, la conferma che il viaggio agli inferi è
ricerca della sapienza, o contemplazione (dispositivamente, in Dante), e che
Virgilio che è guida in quel viaggio, è Studio. Dice Fulgenzio che nel sesto
libro Enea arrivando al tempio d'Apollo discende agli inferi. Fulgenzio
mette queste due azioni in un nesso di causa ed effetto; nel nesso medesimo
in cui Dante mette il mostrarsi di Virgilio e la visita al regno dei morti.
Ebbene "Apollinem deum studii dicimus, ideo et Musis additum". Pag. 753.
Dal che possiamo trarre un'altra conferma per ciò che abbiamo detto
significare Apollo e le Muse ed Elicona in Dante. (pag. 83 sgg.) Quanto
alla contemplazione, ecco: "... ad templum Apollinis, id est ad doctrinam
studii pervenitur, ibique de futurae vitae consultatur ordinibus, et ad
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