Page 414 - La mirabile visione
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che rimira li altri da luogo luminoso ed  alto. (Inf. 4, 116) La
           poesia   è   l'arte   che   il   Poeta   pregia   più,   e   Matelda   è   più
           propriamente come Musa così poesia. Ella è quella che apparisce
           in sogno a Dante, e fa confusa la fetida Sirena; e chi non si
           commuove pensando a questa confession di Dante, ch'egli con la
           divina poesia vinceva l'inerzia forzata dell'esilio, e per il conforto
           di quella sapeva far a meno de' ben vani, degli agi della vita, dei
           diletti della mensa e del talamo? O arte consolatrice che fai sì
           macro e sì puro! Matelda, la Musa eterna, come allora si volge
           con   antica   familiarità   al   Mantovano,   dicendogli  O   Virgilio,
           Virgilio; (Pur. 19, 28) così, parlando poi dell'età dell'oro e de'
           sogni de' poeti, sembra a Virgilio più specialmente alludere, col
           garbo   di   chi   voglia   ricordarsi   a   un   presente   cui   debba
           nascondersi. (Pur 28, 139) Il fatto è che Virgilio resta avanti a
           Matelda che è donna di lui come donna si mostra dell'altro antico
           poeta; (Pur. 33, 135) resta avanti all'arte o alla Musa, e sparisce
           avanti Beatrice. Sparisce, e ciò non è senza perchè. Beatrice, è
           vero si reca a lui, chiamandolo attraverso il fuoco purificatore.
           Virgilio ne vide lucere gli occhi. (Inf 2, 55) Anche passando con i
           suoi due discepoli il muro di fiamme, gli pareva vedere quelli
           occhi.   (Pur.   27,   54)   Gli   occhi   della   sapienza   sono   le   sue
           dimostrazioni. (Co. 3, 15) Ora in tale distinzione, che la sapienza
           si mostra, o mostra i suoi occhi, a Virgilio, e perciò a quelli del
           limbo, e in genere agli antichi savi e poeti, e questi non giungono
           a veder lei, o appena appena la intravedono; è il concetto che fa
           rimaner turbato Virgilio nel pensare a sè e ai savi del limbo che
           desiano senza frutto. Desiano essi invano l'alto sole, come a dire
           il lume supero, differente da quel lume che non è lume nel loro
           luogo luminoso e alto. E sospirano. Sospirano come "gli altri
           miseri che ciò mirano" i quali "ripensando il loro difetto, dopo il
           desiderio della perfezione caggiono in fatica di sospiri". (Co. 3,
           13) E sono quelli che la sapienza amarono più ardentemente e
           amano, perchè amarono e amano invano, non giungendo essi mai



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