Page 423 - La mirabile visione
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vede  lucos   stygios;   boschi   o   selve,   per   mo'   di   dire   (questo
           attenuamento  per   così   dire  bisogna   ripeterlo   a   ogni   tratto
           interpretando il Poeta mistico, come lo vediamo ripetuto in S.
           Bernardo e in tutti gli scrittori così fatti): vede una selva: la selva,
           dico, di spiriti spessi. (Inf. 4, 66) E selva Stigia, sì: passato
           l'Acheronte,   sottentra   lo   Stige,   che   si   mostra   solo   al   quarto
           cerchio,   ma   che   continua   subito   l'Acheronte   sin   dal   cerchio
           superno.
              Quand'egli passò la selva oscura, che era anch'essa una specie
           di fiumana, un Acheronte anch'essa che si valica a nuoto, fu
           aiutato da un lume, che egli non vedeva e non narra: dal lume di
           grazia, dal lume della luna piena, da Lucia. Nell'Acheronte, da chi
           se non dalla medesima grazia o Lucia? Il Letè attraversò tenuto
           da Matelda; l'Acheronte, aiutato, in modo misterioso, da Lucia, la
           quale in modo pur  misterioso  lo  recherà poi  all'ingresso  del
           Purgatorio. In qual forma venisse, ella che è donna, luna, aquila,
           folgore,   non   vuol   Dante   che   si   sappia;   e   tuttavia   possiamo
           imaginarcelo con un'imaginazione di Dante: e con qual altra? La
           croce nel passaggio che è un battesimo, ci ha da essere: ell'è il più
           lieve legno. E ci ha da essere la grazia, nel battesimo; la grazia
           che poi nella lunga via fa meravigliare tutti (per es. Pur. 14, 14);
           la grazia o Lucia. Lucia è figurata, nel sogno che Dante sognò
           con la mente divinatrice, in un'aquila con penne d'oro: l'aquila
           imperiale. (Pur. 9, 20) Questa scende come folgore. Ora un lampo
           vermiglio   è   quello   che   vince   i   sentimenti   di   Dante,   avanti
           l'Acheronte. Dorme qui Dante, e dorme là: la grazia opera senza
           che ce n'accorgiamo e oltre il merito nostro. Venne anche questa
           volta   l'aquila?   E   allora,   la   croce?   Ecco:   Dante   nel   paradiso
           contempla la croce di spiriti beati del ciel di Marte. Nel tempo in
           cui una donna da rossa per vergogna si rifà bianca, egli vede il
           rosso di Marte cambiarsi nel bianco di Giove: e invece degli
           spiriti nella croce, vede altri spiriti, volitanti nella grande frase
           della Giustizia, formare all'ultimo "la testa e il collo d'un'aquila".



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