Page 424 - La mirabile visione
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(Pur. 18, 107) Ma qui manca possa alla nostra fantasia. A noi,
dove Dante non disse, basti dire che egli passò l'Acheronte
mediante la croce che è aquila.
Così entriamo nel grande significato della divina Comedia.
Dante è l'uomo o gli uomini, nella via del mondo o nella via di
Deo. Il ribattezzatore dell'umana volontà è il potere imperiale. È
questa luna piena che trae l'umanità dalla selva oscura, è questo
altro sole, anzi, che impedisce che il mondo disvii, è questa luce o
Lucia che fa varcare al genere umano il fiume che è morte e vita,
vita e morte; è questo "governo" che deve fare sì che il frutto
venga dopo il fiore del volere, ossia che il battesimo non sia
invano: (Par. 27, 147)
sì che la classe correrà diretta.
Gli ammiratori d'un Dante astratto da' suoi tempi e dalla sua
scolastica, che cosa hanno a dire a codesto passo del Paradiso in
cui dopo le onde della cupidigia vengono i bozzacchioni dei
susini, e poi la pelle bianca che si fa nera della luna, e poi la
classe che vira di bordo, e poi il fiore che dà frutto vero? Hanno a
dir male, per certo, essi che in Dante non vogliono considerare se
non la parte formale. Ebbene io spero che ne penseranno meno
peggio per quello che, con l'aiuto della scolastica, io ho mostrato
e sono per mostrare intorno al legame di codeste imagini svariate
e disformi, tenute insieme però dall'unica idea della rigenerazione
del volere, prodotta dalla grazia del battesimo rinnovellata
dall'autorità imperiale. Ne penseranno meno peggio, quando
vedranno che Beatrice, in quel suo discorso, riassume la divina
Comedia nelle sue prime ed essenziali concezioni e figurazioni,
facendo riapparire la fiumana su cui il mar non ha vanto, e la
selva che si passa per virtù della luna che c'è e non c'è, per
incertam lunam; richiamando al nostro pensiero quei motivi
iniziali d'acqua e vegetazione; d'acqua Acherontea che se non si
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