Page 400 - La mirabile visione
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           teorica centrale del poema sacro . Ogni anima ha una virtù che
           le è speciale, d'intendere prime notizie e di amare primi appetibili.
           (Pur. 18, 49) Questa virtù è detta prima voglia, (ib. 59) o amor
           naturale: (ib. 17, 93) amore senz'errore, voglia senza merito di
           biasimo o di lode. È essa o esso come il seme del volere: la voglia
           o l'amore mette le frondi verdi, e così mostra la vita; e così è allo
           stato di "pianta", (ib. 18, 54) ma è "volere", propriamente detto,
           sol quando fiorisce e tiene i fiori o allega, e perciò fruttifica. (Par.
           27, 124, 148) Per quanto la necessità della metafora, conduca il
           Poeta a conservare l'imagine della pianta, sì che ella si conserva
           pianta pur fiorendo e fruttificando, s'intende che con quel primo
           stato di pianta verdeggiante o di seme appena nato o non nato,
           egli indica l'uomo che ha sola la potenza vegetativa dell'anima,
           come  un  parvolo,  che,  quindi,  non  può  meritare  nè  lode  nè
           biasimo. Il fiorire di questa potenza corrisponde al varcar la
           soglia, ove siede la virtù consigliatrice o prudenza. Il che s'ottiene
           col battesimo, il quale fa sì che anche un bambino appena nato
           meriti. E il fruttificare è l'operare; e come la pianta non fruttifica
           se   non   ha   prima   fiorito,   così   l'uomo   non   può   operare
           meritoriamente, se non ebbe il battesimo. Ci sono poi le piante
           che non tengono i fiori, cioè che furono battezzati invano; e
           queste sono gli uomini che non operarono nè ben nè male; come
           ci sono quelle che dànno frutti avvelenati, e queste son gli uomini
           che operarono male e furono anche questi invano battezzati, se
           ebbero battesimo. Ma s'intende, ripeto, che vere piante sono gli
           uomini, che non dànno frutto, o che, magari, non isbullettarono
           da terra, o misero fuori appena un germoglio. È vero che il vivere
           delle piante è fiorire e fruttare; ma altro è paragonare l'uomo a
           una pianta, in quanto nasce, cresce, dà buone promesse o non le
           dà, le attiene o non le attiene; e altro è paragonare l'uomo in
           quanto vegeta, sente, si muove e ragiona alla medesima pianta;
           nel qual caso, il suo fiorire e fruttare non lo inalzerebbe punto

           398   Vedi a pag. 333 sgg.


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