Page 395 - La mirabile visione
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palude dell'incontinenza d'irascibile o di manco di fortezza e
           magnanimità, ed esso è nel Convivio recato a modello e tipo di
           movitor   di   sprone;   perchè   è   insomma   temperante   e   forte,
           tipicamente; è Enea, perchè non altri che uno dotato di virtù
           eroica, in grado supremo, poteva aprir la porta che conduce alla
           bestialità, che è, secondo Aristotile, il perfetto opposto di detta
           virtù;   perchè   non   altri   che   un   sommamente   giusto,   poteva
           schiudere il varco che la malizia o ingiustizia aveva chiuso; è
           Enea perchè è Messo del cielo, e Dante se ne avvede e vuol
           parlarne a Virgilio cantore o, vorrei dire, evangelista di lui; ed
           Enea appunto fu eletto da Dio per padre di Roma e dell'Impero; è
           Enea, perchè mostra qui quegli animi e quel fermo petto, che ad
           ammonimento della Sibilla, usò nella sua prima discesa; è Enea,
           perchè parla ai diavoli di fata e di Cerbero, e usa altre frasi, udite
           nella prima discesa; è Enea perchè lo spettacolo delle mura rosse
           e delle Furie è quel medesimo che vide nella sua prima discesa; è
           Enea perchè si ritrova avanti alla reggia di Proserpina o moglie di
           Dite o regina dell'eterno pianto, personaggio che in nessun altro
           luogo dell'inferno è ricordato, e che è ricordato qui per suggerir il
           nome di lui che "occupò l'adito" di quella reggia nella sua prima
           discesa; è Enea, perchè appunto ha una verghetta in mano, come
           nella sua prima discesa, e l'usa, con qualche divario ma l'usa ora
           alla soglia di Dite o della sua moglie, come allora, e con l'effetto
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           di   passare   sino   all'Elisio   o   purgatorio,   come   nella   prima
           discesa; è Enea, perchè d'Enea la Tragedia che non falla, racconta
           come l'infallibile Sibilla dicesse che due volte sarebbe galleggiato
           sullo Stige e due volte avrebbe veduto il Tartaro, il che, secondo
           l'interpretazione Dantesca, a dar retta all'Eneide, non era successo
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           che una volta, quella volta . Catone, nel Convivio è introdotto a
           391    Non ascende chi non discende. La discesa nel baratro e la salita per il
              monte non sono che mezzi per giungere alla divina foresta, donde poi
              volare al cielo.
           392   Notevole il comento di Servio al verso: bis Stygios innare lacus, bis nigra
              videre   Tartara:   VI   134.  Comenta:  Modo   et  post  mortem.  Vuol   dire,


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