Page 393 - La mirabile visione
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veramente. Dalle tenebre saranno saliti alla luce; dalla selva
oscura alla divina foresta. Essi che onorarono ogni scienza ed
arte, non avranno più comune la sede con quelli che non ebbero
vita di scienza e d'arte, ma saranno nelle sedi beate, nel lieto
luogo dei boschi fortunati, dove ora canta soletta la bella Donna
che è appunto arte o scienza, scienza e arte, l'arte nepote di Dio,
figlia della natura, utile e facile e lieta. Il Veglio solo, che è il più
sospeso dei sospesi, perchè è a mezza strada tra il limbo cieco e
paradiso luminoso, sarà tra gli eroi, i filosofi e i vati. Tarda ha
detto i loro corpi l'immemore Vate. Oh! si sa, come si possa o si
debba interpretare quella tardità del corpo rispetto alla velocità
dell'anima; ma Dante può anche averla ritratta in quelli occhi
tardi e gravi, in quei sembianti pieni di grande autorità, in quel
parlar rado, con voci soavi, che già hanno nel carcere cieco le
ombre di coloro che verranno nel luogo veramente "luminoso e
alto". Intanto di ciò hanno la promessa, nè se ne accorgono; come
non s'accorgono del lume che là li illustra e che a loro sembra
tenebre. Essi desiderano l'alto sole: lo vedranno. E presso loro,
per la foresta, lungo il fiume, s'udrà il murmure dei parvoli
innocenti, che sembreranno api sui fiori dell'eterna verzura.
A quel luogo, ancor viventi, giunsero sensibilmente due di
quelle genti: uno della schiera degli eroi, l'altro del sinedrio dei
poeti: Enea e Dante. Erano tutti e due pii: pietate insignis l'uno,
dei pii vates l'altro, i quali, come esso afferma di sè (Par. 1, 27),
"parlarono cose degne di Febo"; erano tutti e due dis geniti, e li
portò su, a quell'etere più largo, l'ardente virtù. Chè tali, afferma
Dante, sono anche quelli che poetarono con vigor d'ingegno, con
assiduità d'arte, con abito di scienze. (VE. 2, 4)
Tutti e due dis geniti, tutti e due accompagnati da un vate;
dalla Sibilla il primo, dal poeta della Sibilla, dal poeta sibillino e
profetico il secondo. E quest'ultimo è il narratore della discesa del
primo, e seppe prima i colloqui della Sibilla con Enea, e poi,
morto, da sè fece la via medesima. Quando il secondo Enea, ode
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