Page 383 - La mirabile visione
P. 383
non duole, in faccia al Letè che non possono varcare. Oh! sì: di là
del fuoco: essi hanno la mondizia per cui l'occhio vede. Un lume
misterioso raggia per loro. Essi hanno nome Virgilio, Aristotile,
Plato. E quando a Virgilio si presenta Beatrice, questi era al suo
luogo "tra color che son sospesi", nel luogo che non ha altro
supplizio e lutto, che il desio senza speranza; eppure Beatrice
378
esclama: Fiamma d'esto incendio non m'assale . E l'incendio è
proprio di quel luogo, come la miseria che non la tange: la
379
miseria originale . Or qual è quest'incendio, se non il "grande
ardore" che ricuce la piaga dassezzo? (Pur. 25, 139) Il quale chi
passa, è innocente e vede; di là del quale si vedono già gli occhi
di Beatrice; di là canta una voce che guida e canta: Venite,
benedicti patris mei; la voce di Beatrice, dell'angiola, se non di un
angelo, della Sapienza che è la figlia di Dio, se ella nella Trinità è
il figlio. È quel medesimo: e il fuoco che Dante vede nel cerchio
superno, che vincia emisperio di tenebre, come un muro, è quel
medesimo fuoco che affina nel grado superno, ed è un muro tra
lui e Beatrice.
Di là del fuoco, che è l'ultima purgazione dell'Eneide, quale
dichiara Anchise, è l'Elisio, dove Enea si trova con suo padre. Ivi
è etere più largo o abbondevole che veste i campi di luce
purpurea e vi è un sole e stelle proprie, "congruenti al luogo",
spiega Servio. Di là del fuoco, che è l'ultima purgazione della
Comedia, si fa vedere un poco il sole e tramonta, e le stelle
378 Vel. pag. 65 sgg.
379 Vedi a pag. 336 segg. Dante, a proposito dei veri "miseri" del suo inferno,
di quelli cioè che direttamente patiscono le conseguenze del peccato
originale, esprime il difficile concetto che la suprema miseria sia il non
esse, poichè chi è misero vuol piuttosto esse con quella miseria, che non
esse pur senza quella. Intorno a che vedi Aur. Aug. de civ. Dei XI 27. I
miseri per es. del vestibolo non sono nè furono: quindi la lor miseria è
superiore a qualunque altra, ed essi sono invidiosi di qualunque altra sorte.
Qual'è la sorte che lor si presenta come invidiabile? Quella dei morti della
seconda morte; morti che sono miseri, ma dunque sono, non sono miseri
per non esse.
383