Page 378 - La mirabile visione
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c'era il peccato . Ora, come mai questa contradizione tra
l'Eneide e i libri santi? come mai quella, per bocca della Sibilla,
veridica profetessa del Cristo, afferma che la porta era aperta
notte e giorno; questi asseverano ch'ella era chiusa, tanto che il
Cristo dovè infrangerla?
Dante interpreta misticamente il suo autore. La Sibilla dice che
discendere nell'inferno è facile; uscirne, hoc opus, hic labor est.
(ib. 128) Avanti il Cristo, pensa Dante, tutti erano preda del
peccato, e morendo morivano della seconda morte, cioè
scendevano nell'inferno. In questo senso, la porta era aperta.
Salvarsi, era impossibile: in questo senso la porta era chiusa. Nel
suo essere aperta consisteva il suo essere chiusa. Chi potè, prima
della redenzione, sensibilmente passar quella porta che era chiusa
appunto perchè era aperta? Pochi, risponde la Sibilla, dis geniti:
(ib. 131) per esempio, come poi Enea ode da Caron, Alcide e
Teseo e Piritoo, (ib. 394)
dis quamquam geniti atque invicti viribus essent.
Solo Alcide è ricordato, di questi, nell'Eneide nuova, perchè non
solo entrò, ma uscì. Nell'Eneide antica si dice ch'egli arraffò e dai
piedi del trono del re, ossia di Dite, trasse il custode del Tartaro,
Cerbero. Nella nuova il Messo del cielo grida ai diavoli di dentro
Dite:
Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
ne porta ancor pelato il mento e il gozzo.
Vostro? se ben vi ricorda? Già: Cerbero non l'hanno più
sott'occhio quei diavoli: i quali perciò devono ricorrere alla loro
memoria: esso è fuori della città loro, esso che un tempo era con
loro. E questo è dunque un altro particolare sottolineato dal Poeta,
373 Vel. pag. 84.
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