Page 380 - La mirabile visione
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il fatto che era aperta.
Pochi dis geniti poterono, non dico entrare, perchè tutti
potevano entrare, essendo aperta la porta; ma superum evadere
ad auras. Il che Dante vedeva che non avveniva per ritornar su'
suoi passi. Enea non esce per là donde entrò. (ib. 898) Sulla porta
del regno de' morti c'è scritto, Lasciate ogni speranza! Dante
sapeva, dalla lettura dell'Eneide, che, se è difficile, e solo
concesso a' dis geniti, tornare a riveder le stelle, impossibile è
revocare gradum per quella porta che è pure spalancata noctes
atque dies. (ib. 127) Enea infatti entra, come Dante volle
travedere o travide, per la porta di Dite o del Tartaro, che sono per
Dante tutt'una, col mezzo di quel ramo o verga; e dopo avere
attraversato il Tartaro, arriva (ib. 638)
locos laetos et amoena virecta
fortunatorum nemorum sedesque beatas,
dove è aria buona e fine, e luce purpurea, e sole e stelle. A questo
luogo non si giunge però (come Dante interpretava, male,
secondo me, ma come quasi tutti) subito. Prima le anime devono
passare per la purgazione. Sono punite, pagano il fio de' vecchi
lor mali. (ib. 739) Sono sospese al vento, tuffate nell'acqua,
bruciate nel fuoco. Dopo, tornano ad abitare in corpi terreni; solo
poche subito arrivano senza bisogno di purgazione ai lieti campi
dell'Elisio. (ib. 743) Così dice Virgilio; ma Dante intendeva (si
può supporre) che le anime, almeno alcune, poche anzi, dopo
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avere mondato l'infectum scelus, andavano all'Elisio e lì si
fermavano; "tenevano" i lieti campi; sentendo il velle di rivedere
supera convexa.
Dante, entrato per opera d'un messo del cielo che l'apre
misteriosamente con una verghetta, dalla porta di Dite, attraversa
376 I versi 743 sq. vanno posti fra parentesi. Vedi il mio Epos. I a questo
luogo: pag. 256.
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