Page 382 - La mirabile visione
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supplizi, e col vento e col fuoco. Ognun sa le pene e i supplizi;
ognun può ricordare il vento. Sei dei P di sulla fronte di Dante
sono rasi o spenti da un batter dell'ale (Pur. 12, 98), da un ventare,
(17, 67) da un ventilare, (19, 49) da un vento, (24, 148) che vien
dall'ale di un angelo. Servio, dichiarando questa specie di
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purificazione, usa appunto le parole: aere ventilantur . Per la
settima piaga, non si parla di ventilare. L'angelo intima a Dante,
anzi a lui come alle due ombre di poeti, di entrar nel fuoco (27, 6)
che morde e affina. E una voce di là li guida. A Virgilio sembra di
veder gli occhi di Beatrice. Vento dunque, nel purgatorio di
Dante, e fuoco, e Letè in cui le anime si tuffano e obliano, ed
Eunoè, in cui elleno bevono e vogliono. Dopo questa purgazione
in vento fuoco e acqua, l'uomo è puro e disposto a veder supera
convexa.
Ma Enea, secondo Dante, avrebbe dunque subìto anch'esso
questa purificazione? Certo, rispondo, ed Enea e Virgilio e quanti
sono nel Limbo, pauci, sebbene moltissimi siano i loro innocenti
compagni, sono nella condizione dei purificati dal vento e dal
fuoco. Sì. Essi non vogliono propriamente andare a quelle eccelse
convessità: essi desiano. Il desiderio non è ancora volere. Il primo
piegar dell'anima è amore, il secondo moto è desiderio: donde poi
il velle, in cui quel primo amore si liqua. Tutte le anime del
purgatorio desiderano; solo quando il desio si fa volere, esse
ascendono dalla cornice o dalle cornici, giungono al paradiso
terrestre, si tuffano nel Letè e bevono all'Eunoè, e sono puri e
disposti a salire alle stelle. Quelli del limbo desiderano, nè
possono volere, perchè non isperano. Ma se differiscono dalle
anime del purgatorio per questo, che in loro non si può formare il
velle non essendoci la speranza, somigliano però alle medesime
anime, quando siano purificate, in quest'altro punto che i sette P
non li hanno nella fronte, essendo "innocenti". Sono dunque di là
del fuoco dell'ultima purgazione, il qual fuoco a Virgilio, esperto,
377 ad Aen. VI 740.
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