Page 372 - La mirabile visione
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d'Averno da lui non descritte. Quella volta vide da sè e meglio
           conobbe le  scelerum facies  e  le pene, che Enea domandò alla
           Sibilla e seppe da lei imperfettamente. Ma era morto da poco, e
           alcunchè   non   vide:   non   vide   Caifas   confitto   in   terra,   là   nel
           Tartaro. (Inf. 23, 124) Per il resto tanto vide e seppe, da poterne
           ragionare a Dante, prima di scendere nel Tartaro. (Inf. 11)
              Le scelerum species, vedute ivi dalla Sibilla, che si ritrovano
           nel   ragionamento   di   Virgilio,   sono   l'empietà   (che   è   inclusa
           nell'epiteto impia) (ib. 543), doli (ib. 567) specificati in chi credè
           invano di nascondere il furto. Si può trovare subito la divisione
           generale di violenza (contro Dio, che è tipica e più grave) e di
           frode. Vide poi Titani e Giganti, (ib. 580) i quali sono violenti e
           fraudolenti e traditori, per Dante, e con la loro alta statura, hanno
           come i piedi nella Ghiaccia, così il capo nel secondo cerchietto.
           Omettendo ora quelli di cui si è già parlato, troviamo i fratricidi e
           parricidi e rei di frode verso i clienti, a cui li univa un vincolo di
           fede speciale; (ib. 608) poi gli avari, rei di mal tenere (ib. 610),
           gli uccisi in adulterio (612), i seguaci d'armi empie (ib.) che
           Servio dice essere i combattenti contro Cesare; i traditori de' lor
           padroni, (613) che sono per Servio e Dante i medesimi di prima; i
           traditori e asservitori della patria per cupidigia d'oro, (621) di cui
           Servio cita Curio; i barattieri d'allora (622), gl'incestuosi. Dante
           non confondeva certo gli uccisi per adulterio con gli uccisi o
           suicidi per amore: erano pur distinti anche in Virgilio! Nè credeva
           i Lapiti (601) rei soltanto di gola! Sono dunque nel Tartaro, a
           detta della Sibilla, oltre a fraudolenti e a traditori, una specie, ma
           sol una di incontinenti: gli avari. Anche delle pene, una, sol una,
           quella di rotolar sassi, nell'inferno Dantesco è fuor di Dite. Tale
           contradizione tra la sua Comedia e l'alta Tragedia Dante si studiò
           di sanare in ogni modo; e tutti questi modi confermano lo studio
           di   far   l'una   uguale   all'altra.   Cerca   di   sanar   la   contradizione,
           dicendo lupo il demone dell'avarizia, lupa l'avarizia stessa, mentre
           lupo e lupe sono, per lui medesimo, d'accordo anche qui con



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