Page 367 - La mirabile visione
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converse in cenere: Enea, di cui nessuno fu più giusto, e Rifeo,
           iustissimus,   che   Dante   trovò   nel   paradiso.   (Par.   20,   67)   Ma
           lasciando questo, ecco Dante per ultimo domandare a Ciacco,
           all'ignobile   Ciacco,   notizie   di   uomini   degni:   di   Farinata,   del
           Tegghiaio, del Rusticucci, di Arrigo, del Mosca. Egli desidera
           sapere dove sono, se nel cielo o nell'inferno. Sono morti, sono
           concittadini   e   avversari,   in   uno.   Non   si   direbbe   che   Dante
           s'aspettasse   di   trovarli,   dove   trova   Ciacco?   Cioè,   egli   vuol
           mostrare,   che   se   li   aspettava   dopo   i   morti   d'amore,   come
           avrebbero dovuto essere, secondo la Tragedia; ma la Tragedia
           non fa testo se non salva la redenzione, che fu dopo. Or dunque
           altrove è il suo duce di Agamemnonie falangi, che è Farinata;
           altrove leva i moncherini il suo Deifobo mutilato, che è il Mosca.
           E pur qui ne ragiona. Del resto anche Ciacco ha qualcosa di
           Deifobo. Enea vix... agnovit il suo concittadino; e Ciacco dice a
           Dante: Riconoscimi se sai. Egli è invero messo a pena spiacente,
           diremmo vituperosa, come  inhonesta  (ib.  497) sono le ferite di
           Deifobo. E l'incontro, che risuona notis vocibus, (ib. 499) è con
           molta pietà. Chi volle trarre di te così crudele vendetta? dice
           Enea. Chi sei, che sei messo a sì fatta pena? dice Dante. E si
           piange. Ciacco, il tuo affanno m'invita a lagrimare: dice Dante.
           Noi consumiamo il tempo a piangere: ammonisce la Sibilla. E qui
           la Sibilla a Enea mostra il bivio dei malvagi e dei pii, del Tartaro
           e dell'Elisio; e qui Dante a Ciacco chiede di quei degni, "se il ciel
           gli addolcia o l'inferno gli attosca".
              Le mura dell'empio Tartaro (ib.  541, '3) a Enea appariscono
           qui a sinistra; l'Elisio è a destra. Il vate e l'uomo si mettono per la
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           destra. Dante nell'inferno va sempre  a sinistra, nel Purgatorio
           367   Vel. 264 sgg. Così la verga d'Enea significa con la branca sinistra i vizi,
              con la destra le virtù. (Serv. ad Aen. VI 136). La distinzione generale è così
              formulata da S. Bernando (De adv. Dom. Sermo V - Op. II 920): Spiritus
              est ad dexteram, caro est ad sinistram. Donde il doppio significato, di
              destra, a esprimere la vita contemplativa o spirituale, e la vita buona e
              virtuosa; di sinistra, a indicare la vita attiva o civile o anche carnale (in


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