Page 366 - La mirabile visione
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dell'altro, perchè non dovevano uccidere! E trovano, sì Enea e sì
Dante, Dido; e Dante nella schiera di lei, vede in Francesca una
vittima d'amore, recens, in certo modo a vulnere anch'essa, e che
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fa a lui l'effetto che Elissa a Enea .
Dopo loro, Dante si trova in faccia a Cerbero, e il suo duca fa
ciò che il duca d'Enea. Ma Virgilio gli getta terra e la Sibilla
un'offa. Anche in ciò è uno di quei divari coi quali Dante sembra
ammonire che l'inferno è sempre quello, salvo l'effetto della
redenzione e del cristianesimo. Mi limito a una delle ragioni del
cambiamento. Servio dà l'etimo di Cerbero: divoratore di carne,
consuntore di corpi. Non senza ricordo di quest'etimo Virgilio,
anche questa volta da sè, senza essere dimandato (si tratta di cose
sue), spiega il destino ulteriore della carne e dei corpi; (Inf. 6, 97)
tanto più, che l'antico comento dice ancora: "le anime ricuperano
(recipiunt) il luogo loro, quando il corpo sia consunto". Ora il
medesimo annota che nell'offa è miele, perchè di miele si
coprivano i corpi de' morti. Bene: sembra dir Dante: al tempo che
si seppelliva a quel modo, ci voleva l'offa col miele; ora che,
cristianamente, i corpi si sotterrano, ci vuol la terra.
Dante trova i golosi dopo gli uccisi o suicidi d'amore (che
amor di questa vita dipartille), coi quali sono i rotti a vizio di
lussuria, pur distinti. Enea trova i nemici in guerra e i compagni
d'arme, tra cui Deifobo mozzicato. (ib. 477, 494) Non così fatti
Dante; eppur vedendo un cittadino suo, pur poco nobile di vita,
tanto che laggiù non riesce a riconoscerlo da sè, sembra avere il
pensiero ad altro che al vizio della gola. Domanda a Ciacco il
futuro delle grandi lotte civili di cui si vedeva allora il principio.
Si tratta d'una discordia (ib. 63) anche qui, accesa da tre faville;
d'una discordia come quella che inimicò Asia e Europa, d'un
incendio, come quello che è narrato da Deifobo. E due giusti
(risponde Ciacco a Dante) sono in Fiorenza; e così due giusti
erano in Ilio, quando la fatale Erinni di cui si parla nell'Eneide, la
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