Page 368 - La mirabile visione
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che è il suo Elisio, sempre a destra. Ma Dante non vede la città
           ch'ha nome Dite, qui subito. Egli deve ancora scendere a un'altro
           cerchio, quello degli avari, e poi passare la palude Stige: allora
           soltanto vede le meschite di ferro infocato. Gli avari hanno voci
           di cani; cani sono quelli che stanno nel brago. (Inf. 8, 42) È
           sempre il dominio del cane dalle tre gole che è veramente il
           Lucifero tricipite del regno dell'incontinenza, e che ringhia in
           persona di Minos, ed è lupo maledetto in persona di Pluto. Chè
           Servio viene a dichiarare la natura simbolica di Cerbero così:
           omnes   cupiditates   et   vitia   terrena:   l'incontinenza,   interpreta
           Dante. Nel cerchio dell'avarizia c'è gente che volta pesi; e questi
           sono quelli che dentro il Tartaro, di là delle mura di Dite, in
           Virgilio, saxum ingens volvunt, (ib. 616) come racconta la Sibilla.
           È contradizione in ciò tra i due poemi e i due inferni? No. Anche
           qui Dante giustifica la mutazione dell'inferno, al modo solito, con
           la mutazione dei tempi. Invero gli avari, come risponde Virgilio a
           una   domanda   molto   meravigliata   del   suo   discepolo,   furono
           "cherci... e papi e cardinali". (Inf. 7, 46) Potevano esserci, al
           tempo d'Enea?
              Appariscono anche a Dante le mura rosse del Tartaro, ch'egli
           chiama Dite, giovandosi d'un ravvicinamento di Virgilio, cioè,
           della   Sibilla;   ch'egli   non   sembra   aver   bene   interpretato.   Le
           moenia a destra (ib. 541) non sono le stesse moenia lata che si
           vedono  sub rupe sinistra. (ib.  550) Ma d'altra parte, la Sibilla
           dopo aver parlato delle pene del Tartaro, mostra le moenia (ib.
           630) di ferro, battuto dai Ciclopi. E Dante ha creduto che fossero
           le medesime, le  moenia  del Tartaro e le  moenia  di Dite. Ciò è
           confermato dal fatto che Dante riesce al Purgatorio o Elisio suo,
           attraverso il suo inferno dei mali; ma nell'Eneide leggeva,  hac
           iter Elysium  (ib.  542) ossia per  Ditis moenia: dunque il suo
           Tartaro, dove sono puniti i felli, è identico al Dite Virgiliano, per
           il quale  si va all'Elisio. Quanto alla destra e sinistra, vedete! Il

              senso non vizioso); e la vita malvagia o carnale in senso vizioso.


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