Page 364 - La mirabile visione
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mostra che nelle fata è vano dar di cozzo; ma non si usa qui. Ed è
ben naturale: l'Acheronte, dopo che Gesù lo valicò (non certo
sulla barca del nocchiero Caron), non è più il confine del regno di
Dite e della sua moglie, che è regina dell'eterno pianto; alla quale
la verghetta è destinata. La verga fa sì, nell'Eneide, che Enea sia
accolto nella barca di Caron; Dante sulla barca di Caron non
passa, ma su più lieve legno: ciò, perchè di mezzo c'è stata la
redenzione, e il disserrarsi della porta e il crollo delle tre
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rovine , e la fuga dei diavoli e di Dite da di qua l'Acheronte a di
là lo Stige, oltre la porta men segreta. Una verghetta delle fata è
usata nella Comedia a questa porta più segreta: non è la stessa?
La stessissima.
Enea e Dante passano l'Acheronte, l'uno al modo precristiano,
l'altro al modo cristiano. Di là Caron sbarca vatemque virumque.
Si sa quel che vuol dire vates qui; pure queste due parole indicano
forse la scintilla prima dell'ispirazione di Dante a prendersi per
guida un vate; tanto più che questo vate è appunto tale ne' due
sensi, di poeta e profeta; ed è poeta della Sibilla, e profeta del
Cristo, per mezzo della Sibilla, nell'ecloga quarta. Dunque è
molto utile considerare che di là di Acheronte si trovano, nell'un
poema e nell'altro, un vate e un uomo, un uomo certo. E subito,
appena accenna a Virgilio, Dante dice: il Poeta. (Inf. 4, 14) Enea
sente subito il latrato di Cerbero; Dante, no; eppur non contradice
a Virgilio; chè il Cerbero Virgiliano assorda col latrato di tre gole
haec regna; e Dante distingue il regno dell'incontinenza da quello
della malizia. Ma che dico, che Dante non sente? Dante sente un
tuono d'infiniti guai, cioè guaiti. Non poteva esser tra quelli il
latrato di Cerbero? Il fatto è che, al suo luogo, introna le anime,
come a dire, si fa sentir più, più da presso. E poi questo luogo è
quel di mezzo della concupiscenza; il cane tricipite è un po'
l'imperadore di questo regno, a cui sta nel mezzo; sì che, se i
peccatori che introna sono, più che gli altri, simili a lui, cioè cani,
365 Vel. pag. 182 sgg.
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