Page 37 - La mirabile visione
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"io temo d'avere a troppi comunicato lo suo intendimento, pur per
           queste divisioni che fatte sono, s'ella avvenisse che molti lo
           potessero udire". Ora di questa canzone, che nacque da uno spirar
           subito e che fu cominciata - dopo giorni di studio, e che è
           dichiarata dall'autore stesso piena d'un misterioso senso, ch'egli
           vuole e non vuole sia aperto; di questa canzone che è, in cotal
           guisa, la canzone tipica, la tipica aequalium stantiarum... tragica
           coniugatio, e che è il cominciamento delle nuove rime che Dante
           trasse fuori, scotendo i vecchi rimatori; di questa canzone che è la
           prima ad aver per materia la loda della gentilissima (nova materia
           dilettevole a udire), e che, come dopo il subito cominciamento
           volle alquanti giorni di meditazione, così prima d'esso fu causa di
           molti dubbi e di poco ardire e d'una dimora pur "d'alquanti dì, con
           disiderio di dire e con paura di cominciare" (VN. 17 e 18); di
           questa canzone bisogna indagare il senso con tanto studio con
           quanto l'autore la fece, e con tanta aspettazione quanta egli ci fa
           nascere con le sue parole. Perchè in vero il suo intendimento,
           ch'egli temeva si fosse comunicato a troppi, pare non si sia
           comunicato a nessuno.
              Che vuol dire, in verità, la stanza seconda ?
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                     Angelo chiama in divino intelletto,
                     e dice: "Sire, nel mondo si vede
                     meraviglia ne l'atto, che procede
                     da un'anima, che fin quassù risplende."

           32    Vedasi, per citar l'ultima, negli "Studi sulla D. C." di FD'Ovidio, la
              trattazione "Dante e San Paolo" a pag. 326-31. Il D'O. s'acqueta alla chiosa
              di   GMazzoni,   ridotta   alla   più   semplice   espressione,   così:   "I   celesti
              vorrebbero subito in cielo la celeste Donna, e Dio la concederebbe se un
              solo essere celeste, la Pietà, nol rattenesse. I celesti avranno un giorno
              Beatrice, gli uomini destinati a salvarsi l'avranno ugualmente, ma e quei
              poveretti che non vedranno mai il Paradiso? Dio misericordioso pensa di
              lasciar che essi godano almeno un raggio di Paradiso in terra vedendo
              Beatrice". Vedi nella VN. del d'Ancona e anche del Casini le varie opinioni
              d'altri, come quella dello Scherillo nello studio innanzi citato.


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