Page 355 - La mirabile visione
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E questa intonazione di modestia fa probabile che con la tacita
riprensione di quelli che non istudiano, egli tocchi pur di sè,
dicendo d'avere non disconosciuto ma intermesso lo studio.
Invero è vergognosa la sua fronte, quando sa il nome dell'Ombra.
Perchè? Dante dice che il lungo studio e il grande amore gli han
fatto cercare il volume di Virgilio, e soggiunge che da Virgilio
tolse lo bello stile. Tra l'aver tolto lo stile e l'aver cercato il
volume egli afferma, pare, che passò tempo in mezzo. Onde la
vergogna. Tolse invero lo stile, sin da quando trasse fuori le nove
rime; cercò il volume di Virgilio, quando? Ho cercato: viene a
dire, riferendosi al trecento. Or bene ricordiamo che Virgilio è
studio e amore, oltre che d'arte, anche di sapienza; perciò di
Beatrice: amor di Beatrice. Beatrice ha a dolersi, e si dorrà, d'un
traviamento di Dante, che durò dieci anni. Dunque in questi dieci
anni Virgilio era stato muto nel cuor di Dante. Vero è che nella
Vita Nova dice che tal traviamento fu di alquanti die; dopo i quali
ebbe le visioni che lo ricondussero a Beatrice, inducendolo a
studiare. Vero è che questo studiare durò trenta mesi, come si dice
nel Convivio; in cui, restando fermo che lo studio era per
confortarsi nella morte di Beatrice, riesce però ad altro disegno
d'arte, che la mirabile visione. Ma il Poeta cancella, come il
ritorno dell'amor suo per Beatrice morta, così quei mesi e anni di
studio, e mette l'uno e l'altro, che sono in fine una cosa sola, nel
trecento. Nel trecento dunque gli apparve quel Virgilio, che gli
aveva suggerito qualche tempo prima della morte di Beatrice il
cominciamento delle rime nuove. Nel trecento egli afferma di
aver ripreso in mano il volume, che già studiò adolescente. O
meglio: adolescente dall'imitazione dei poeti regolari, che sono
anche filosofi e nascondono sotto belle finzioni un verace
intendimento, tolse il bello stile; lo tolse, sì, da Virgilio, ma
Virgilio è, in quella frase, figura dello studio e dell'amore d'arte e
sapienza, e sia pure ch'egli lo figuri come non solo il più grande
ma il più studiato dei poeti: ora, nel trecento, o meglio,
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