Page 352 - La mirabile visione
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Mirra che occupa notturna il talamo del padre. Di frode anzi e di
violenza, fraus e vis, poichè ne fa anche un'Amata che s'ancide, e
la vede alzar le corna ed esalar fumo. Più tardi, la lupa respingeva
Dante; quando la vulpecula ebbe ragione dei cacciatori, ed egli
cambiò, occorrendogli una forma unica, oltre che più grandiosa,
la volpicella, che era vipera e Mirra e Amata e pecora infetta e
cornigera e fumigante, in lupa, che è predatrice e meretrice, astuta
e sanguinaria. Ed è tale di per sè, e anche per il venir dopo le altre
due fiere, e comprendere, essa, la bestia, sì la concupiscenza della
lonza e sì la violenza del leone. Tutto dunque porta a credere che
egli concepì la lupa, quando la volpicella ebbe vinti i cacciatori; e
che narrò d'esserne ripinto quando, confermato il bando, con la
morte di Arrigo e il trionfo di Fiorenza e dei Guelfi, egli aveva
perduta ogni speranza di giungere alla felicità della vita civile, e
temeva di ritornare a quella condizione di viltà, da cui il Convivio
era stato destinato già a toglierlo.
Nel trecento tredici, dunque, ruinava in basso loco, sebbene
egli riferisse quel ruinare nell'oscurità e ignobilità al trecento,
quando quel ruinare cominciò virtualmente. Egli era ricacciato
dalla via del mondo, cui dominava l'ingiustizia ossia la malizia di
cui ingiuria è il fine, che torna al medesimo. Prima di essere
contrastato dal leone e dalla lupa, che sono tutti e due cupidità,
ossia malizia, ossia ingiustizia, egli aveva avuta innanzi al volto
la lonza, cioè l'incontinenza di concupiscibile nel suo principio e
d'irascibile nel suo effetto. L'aveva vinta o quasi vinta. E come?
Usando contro lei lo sprone e il freno, la fortezza e la temperanza;
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quella contro l'effetto, questa contro il principio . Usò dunque,
per grazia di Dio, la prudenza nell'uscir del passo; la temperanza
e fortezza, al cominciar dell'erta; e usò la virtù di giustizia contro
le due fiere fameliche o contro la bestia: usò la virtù di giustizia
contro quel complesso di superbia, invidia ed avarizia, il quale
356 Non ce n'è bisogno: tuttavia si mediti questo passo delle Conf. di S.
Agostino (13, 21): Continete vos ... ab inerti voluptate luxuriae.
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