Page 346 - La mirabile visione
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e piange là dov'esser dee giocondo;
e quei della palude pingue sono tutti tristi, non solo quelli che
gorgogliano, or ci attristiam nella belletta; ma anche gli altri che
rissano, e dicono per bocca di un di loro. Vedi che son un che
piango! E sono tali cui "vinse l'ira". (Inf. 7, 116) Tale tristezza si
ritrova nel leone, che rappresenta la violenza? Poichè nella
violenza è quella tristezza. Sì: invero il leone viene "con rabbiosa
fame". Or questa rabbia è consumamento e martirio come si vede,
p. e. da questi due versi: (7, 9; 14, 65).
Consuma dentro te con la tua rabbia.
Nullo martirio, fuor che la tua rabbia.
Riassumiamo. La lonza non ha fame, dunque non ha cupidità,
cioè non ha quell'amor del male che si liqua in volontà ingiusta,
dunque non ha volontà. Ha però amor soverchio del bene,
essendo ella una sirena che dismaga. Oltre a questo amor
soverchio del bene, ha la tristizia uguale a quella dei gorgoglianti
nel brago, perchè ella, se è la sirena, è anche la femmina balba,
guercia, storta, monca, pallida, contro cui giova il camminare e il
contemplare, la stagione bella e l'ora mattutina, l'aer dolce e il
sole. Il leone ha fame, cioè ha cupidità, cioè amor del male, che si
liqua in volontà ingiusta; egli ha sola questa fame, che non può
essere che di vendetta; la fame è con rabbia, cioè con tristizia. La
lupa ha fame, cioè ha cupidità, cioè amor del male, cioè iniqua
volontà. Con esso amor del male, è anche amor del bene che non
fa felice, perchè ella è fuia: di più ha tutte brame, cioè l'amor di
tutti quei beni che s'accorda con l'amor del male, ossia eccellenza,
podere, grazia, onore e fama; e poichè le ha tutte, non si può
escludere nemmeno quell'unica del leone; di più, poichè Dante ne
parla nel cerchio dell'avarizia, e dice lupo a Pluto, ha in modo
segnalato l'amor delle ricchezze, il quale amore è concupiscenza e
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