Page 339 - La mirabile visione
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che finiscono in tristizia, e piaceri quelli, che terminano in puzza;
nè nell'altra, come è inutile spiegare: ma amarono il bene; e
questo amor soverchio è concupiscenza. Ma oltre l'amor
soverchio del bene, e oltre l'amor lento di questo bene medesimo,
fonti tutti e due di peccati, c'è un'altra fonte e un altro amore:
l'amore del male, (Pur. 17, 91 segg.), ossia, virtualmente almeno,
il mal volere. Dal terzetto
Benigna volontade in cui si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa nell'iniqua,
(Par. 15, 1)
esce nitidamente la proporzione: amor diritto sta a volontà buona,
come cupidità sta a volontà iniqua: dunque cupidità è amor del
male. E il male che s'ama, non può essere di Dio e di sè, ma solo
del prossimo. Orbene quest'amor del male o cupidità è ciò che
nelle fiere è la fame; fame che è rabbiosa nel leone, e molteplice e
insaziabile nella lupa. Peraltro la cupidità che è nella violenza o
bestialità, se guardiamo a Pier della Vigna, è amor del male di sè,
se guardiamo a Capaneo è amor del male di Dio; se guardiamo,
intendo, a questi due per un esempio: ebbene non è ciò in
contraddizione con la teorica del purgatorio? No: perchè tal
cupidità o cupidigia è cieca, come tale ira è folle, come tal
bestialità è matta.
Eppure no, non basta dire che quella cupidigia è cieca, per
sanare la contraddizione che sarebbe tra la teorica dell'amore nel
purgatorio, e questo amor del male che nell'inferno è anche di sè e
di Dio . Perchè nel purgatorio Dante non ha avvertito che, per
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alcuna cecità, l'uomo può odiar sè e Dio? E invece ha detto: non
può. Come mai, se nell'inferno aveva veduto, cioè pensato,
altrimenti? Ecco: l'amore del male non può veramente aver per
346 MO. pag. 50 seg. Vel. pagina 320 e altrove.
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