Page 318 - La mirabile visione
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              Questo sviarsi nell'adolescenza è causato, si è già detto, dal
           peccato   originale,   i   cui   effetti   persistono   dopo   il   battesimo,
           sebbene questo abbia la virtù di menomarli e li menomi, così che
           i parvoletti sono appunto migliori degli adolescenti, e dimostrano
           d'aver lume nella ragione e bontà nel volere. (ib. 127) Ma il lume
           presto si oscura, ma il volere si rende servo di nuovo. Marco
           afferma che appunto quel lume fa difetto: non c'è chi discerna,
           per gli adolescenti, il bene e il male; (Pur. 16, 75 e 95) non c'è chi
           sostenti e nutra il libero volere, nella fatica ch'ha da durare "nelle
           prime   battaglie".   Ed   esplicitamente,   nella   sua   opera   politica,
           Dante assevera: "Il genere umano, quando è più libero, meglio si
           trova...   Principio   primo   della   nostra   libertà   è   la   libertà
           dell'arbitrio... Questa libertà, o questo principio di tutta la nostra
           libertà, è il più gran dono fatto alla natura umana da Dio, chè per
           esso siamo felicitati qui come uomini, altrove come iddii. Che se
           così è, chi sarà che non dica che il genere umano si trovi meglio,
           quando più possa usare di questo principio? Ma standosi sotto il
           Monarca è libero come non mai..." (M. 1, 14) Il Monarca o
           l'imperatore   custodisce   dunque   questo   libero   arbitrio,   e   lo
           restituisce quando è tolto. Sicchè nell'epistola ai Fiorentini Dante
           usa l'ardita espressione "giogo della libertà" per significare questo
           imperio che affranca. (Ep. VI, 2) E insiste dicendo che quelli che
           s'oppongono  al  dominio  imperiale  sono  in  ceppi  e  catene,  e
           respingono chi vuole slegarli e liberarli. "Non vedete, ciechi che
           siete, la tiranna cupidità... che vi tien prigionieri nella legge del
           peccato e vi proibisce di ubbidire alle sacrosante leggi, che danno
           sembiante della giustizia naturale: la cui osservanza, se lieta, se
           libera, non solamente si prova non essere servitù, anzi, a chi ben
           guarda, appare essere la suprema delle libertà? Che altro infatti è
           libertà, se non il libero corso del volere all'azione...?" (ib. 5) E
           così una specie di Cristo è Enrico, a cui sembrano dirette, come al
           Cristo, le parole di Isaia: Vere languores nostros ipse portavit. E



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