Page 317 - La mirabile visione
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chiama Phoeba, come a dire un altro Phoebus, un altro sole. (M.
1, 13) Allora Dante a lei assomiglia la giustizia, quando nulla de'
suoi contrari le si mescola, quando non ha contrarietà nè nel
volere nè nel potere; quando è esercitata dal Monarca, la cui
volontà è sincera d'ogni cupidità, e la cui possanza non ha limiti
od ostacoli. Tenebre sono, è notte di pièta o miseria, oscura è la
selva della vita umana senza quel lume. Nè altro che quello
(s'intenda bene!) può esserci, poichè la vita umana comincia con
la vanità del senso, cioè con la notte, cioè con la tenebra. O a dir
meglio, comincerebbe: chè venne il Redentore e nella sua morte
fummo battezzati, e nel battesimo ottenemmo la virtù
illuminatrice e fecondatrice. Ma è inutile ripetere come per la
maggior parte degli uomini Gesù si sia incarnato invano e invano
sia morto sulla croce. In verità c'è bisogno della autorità imperiale
a confermare, per così dire, la redenzione.
L'età, che è accrescimento di vita, è soggetta a smarrirsi. Si
smarrì pur Dante, sebbene così favorito dal cielo, così guidato da
Beatrice viva, così consigliato e revocato da Beatrice morta; e si
smarrì, avanti che l'età sua "fosse piena". (Inf. 15, 51) Ora tutto il
genere umano, "per via delle blande dilettazioni dell'adolescenza"
ha bisogno di essere diretto. (M. 1, 17) Questo smarrimento, in
quella prima età, è cagione del pervertimento di tutto. Dante a
Marco Lombardo chiede perchè il mondo sia così pieno di
"malizia". Risponde Marco che ciò proviene dalla mancanza di
guida e freno, di prudenza regale e di giustizia legale, nei primi
tempi in cui l'anima semplicetta s'inganna. Dei due Soli, uno ha
da valere nella notte. Ci ha da essere, per la via del mondo,
l'imperatore, che è scevro d'ogni cupidità; mentre il pastore, no,
non può esserne scevro, e correndo dietro ai beni ingannevoli si
trae dietro tutta la greggia. (Par. 16, 58) E Beatrice nel paradiso
reitera l'argomento. La cupidità che affonda il genere umano,
proviene dallo sviarsi degli uomini, prima "che le guancie sien
coperte"; nè meraviglia: "in terra non è chi governi". (Par. 27,
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