Page 31 - La mirabile visione
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L'anima   del   giovinetto   "era   tutta   data   nel   pensare   di  quella
           gentilissima". (VN. 4) Egli intristiva e "a molti amici pesava de la
           sua vista, e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere di
           lui quello ch'e' volea del tutto celare ad altrui". Del qual tempo è
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           forse il sonetto di Guido a lui :

                     I' vegno 'l giorno a te 'nfinite volte.

              Leggiamolo   in   vero   interpretando:   "Io   ti   vengo   a   trovare
           (senza che tu mi vegga: v. 11) in ispirito, io penso a te a ogni
           momento del giorno, e ti trovo "pensar troppo vilmente". O che è
           questa viltà? Può ben essere, mi pare, tale, quale Guido altrove 25
           dice di sè:

                     L'anima mia vilment'è sbigottita
                     dalla battaglia ch'ell'ave dal core,
                     . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
                     Sta come quella che non à valore
                     ch'è per temenza dallo cor partita:
                     e chi vedesse com'ell'è fuggita
                     dirìa per certo: questi non à vita.
                     Per li occhi venne la battaglia in pria
                     che ruppe ogni valore...

           Può ben, mi pare, riferirsi a quella "sì fraile e debole condizione"
           di che era divenuto Dante in picciol tempo. Continua Guido:


           24   Son. XXIX nell'edizione di PErcole. Il quale legge, con l'Arnone, al v. 8
              avei ricolte, lasciando la lezione avea ricolte, havea riccolte di due codici,
              cui si può agguagliare l'altra d'un terzo,  have  (have')  riccolte. E anche
              l'interpretazione, non solo a questo punto ma altrove, è disforme dalla mia.
              E bisogna leggere in FD'Ovidio, Studii sulla D. C. "La rimenata di Guido",
              per aver notizia della letteratura dell'argomento. FD'O. sostiene tutt'altra
              opinione della mia.
           25    Son. X dell'ed. citata. FTorraca pensa così in Rass. Crit. di Percopo e
              Zingarelli I 33.


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