Page 302 - La mirabile visione
P. 302

274
           scienza e d'arte" . Dante dice di sè, d'esserci stato in tal selva,
           d'esserne uscito e poi d'aver rischiato di tornarci. Ma non ci
           tornò! Ed egli appunto scrisse il volume eterno per mostrare come
           da servo si vada a libertà, come "da stato di miseria" si possa
           giungere "a stato di felicità". (Ep. XI, 15) Le quali ultime parole
           sono così esatte, da far pensare molto. Che è invero lo stato di
           miseria? La miseria del genere umano è "il giogo" di cui lo gravò
                               275
           il peccato originale . Dal peccato originale, ossia dalla selva
           oscura, muove il Poeta in persona del genere umano, per giungere
           all'innocenza prima e poi alla visione di Dio, alla divina foresta e
                      276
           all'Empireo . In tale viaggio dell'uomo e del genere umano,

           274   Ognun vede come l'opposto della selva oscura sia la divina foresta, dove
              Dante trova la scienza e arte personificata in Matelda, se scienza e arte
              formano un concetto solo in due parole; oppure l'arte in Matelda, e la
              scienza o  sapienza  in Beatrice, se quivi, come altrove. Dante ha usato
              scienza come astratto di sapere. Vedi a pag. 77, nota.
           275   Aur. Aug. Contra Iul. Pel. IV, 12, parlando di Cicerone: "Egli non sapeva
              come fosse sui figli di Adamo un grave giogo... perchè... ignorava il
              peccato originale". Id. ib. 83: "l'evidenza di questa miseria spinse i filosofi
              gentili che non sapevano o non credevano al peccato originale, a dire etc."
              L'espressione "grave giogo" è dell'Eccl. I 40. E l'uso della parola miseria,
              nel  senso  esatto  di  conseguenza   dell'umana  colpa,  non  avrebbe  avuto
              bisogno d'esemplificazione.
           276   Non sarà male che quelli che disputano sull'autenticità dell'epistola a Cane,
              mettano sulla bilancia anche questo importantissimo argomento. Qualche
              cosa di simile a questo concetto, de' due termini estremi della Comedia,
              miseria e felicità, è, si può dire, in tutti i commentatori. I quali peraltro
              aggiungono qualche cosa, corrompendo l'esattezza del concetto. Per es. il
              Da Buti così dichiara il fine del poema: "arrecare li uomini viventi nel
              mondo dalla miseria  del vizio  alla felicità  della virtù". Come, prima, il
              Laneo: "rimovere le persone che sono al mondo dal vivere misero ed in
              peccato, e perducerli a vertuoso e grazioso stato". E anche: "rimuovere li
              uomini dalli peccati... ed inducerli nelle vertute etc." Con le due semplici
              parole dell'ep. a Cane sarebbero venuti, gl'interpreti antichi e moderni,
              agevolmente   all'interpretazione   verace   della   selva   oscura,   che   invece
              dichiarano come vita viziosa, peccaminosa etc. sbagliando a bel principio e
              radicalmente tutto il comento.


                                         302
   297   298   299   300   301   302   303   304   305   306   307