Page 303 - La mirabile visione
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sarebbe stata una smemorataggine e una insipienza che neanche
           quelli   che   oggidì   parlano   di   Dante   come   d'un   pover'uomo,
           saprebbero creder possibile, non cominciare da ciò che è la mossa
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           e   la   causa ;   dalla   colpa   umana,  e   dalle   sue   conseguenze
           persistenti in noi, che sono la cecità e la ignavia, la servitù e la
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           morte; in una parola, la miseria .
              Oh! ella è ben grande! Comincia dal primo vagito di chi nasce
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           e va sino all'ultimo alito di chi muore . La vita non è che un
           morbo; non è anzi che una morte. La morte entrò nel mondo col
           peccato di Adamo. Di tale miseria, dice Dante che è duro dir qual
           era! Chi potè descriverla mai? Ecco un certo autor di Dante, in
           opera certo a lui nota: "Chi... basta, pur con un gran fiume
           d'eloquenza,   a   spiegare   le   miserie   di   questa   vita?   La   quale
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           Cicerone compianse... come potè; ma quanto è quel che potè ?"
           277    Si   può,   sull'ignoranza   e   difficoltà   originali,   meditare,   tra   molti   e
              vulgatissimi,  questo  passo  di S.  Bernardo,  Op.  I   966: "Si,  siam  figli
              d'ignoranza, d'ignavia, di servitù, e abbiamo conseguita sapienza, virtù,
              redenzione (libertà). L'ignoranza della donna sedotta ci aveva acciecati; la
              debolezza dell'uomo traviato e allettato dalla propria concupiscenza, ci
              aveva   snervati;   la   malizia   del   diavolo   ci   aveva   asserviti,   esposti
              giustamente da Dio. Così dunque nasciamo tutti, prima al tutto ignari della
              via, della città, dell'albergo; poi deboli e ignavi sì, che sebbene ci sia nota
              la via della vita, siamo impediti e rattenuti dalla nostra propria inerzia;
              all'ultimo servi sotto il peggiore e più crudel dei tiranni etc.". Tutto ciò è
              miseria. Il passo è del primo sermone in purific. B. Mariae dove è l'espr. di
              S. Giovanni (1, 5), della luce cui le tenebre non compresero.
           278   Questa miseria involve, sì, tutte le miserie, e questo peccato, tutti i peccati.
              Ma il lettore comprende: un parvolo innocente morto avanti il battesimo
              non è un malvagio!
           279   Vedi in Aur. Aug. Op. XIII 1103, 1224; spec. 774 (contra Iul. Pel. IX 83):
              "Ecce circumstat sensus tuos  miseria generis humani... parvulos intuere,
              quot et quanta mala patiantur, in quibus vanitatibus, cruciatibus, erroribus,
              terroribus crescant. Deinde iam grandes, etiam Deo servientes tentat error,
              ut decipiat, tentat labor aut dolor, ut frangat, tentat libido, ut accendat,
              tentat maeror, ut sternat, tentat typhus, ut extollat. Et quis explicet omnia
              festinanter, quibus gravatur iugum super filios Adam?
           280   Aur. Aug. Op. IX 718 (De civ. D. XIX 4, 2). Notevole che in questo passo


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