Page 292 - La mirabile visione
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Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,
l'anima semplicetta che sa nulla,
salvo che mossa da lieto fattore
volentier torna a ciò che la trastulla.
Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s'inganna, e dietro ad esso corre...
La metafora è cambiata: non si parla più di battaglie e di
nutrimento; ma si tratta della stessa cosa. Il cielo ha iniziati i
movimenti di quest'anima semplicetta. Ella, per quest'impulso,
corre a un bene. S'inganna, cioè non si fa illuminare da quel lume
che c'è dato a bene ed a malizia. Corre dietro ad esso falso bene,
falso perchè picciolo, mentre è creduto grande. Corre, cioè non
fatica a trattenersi e non vince quella prima battaglia. Ha avuto la
luce e la libertà, cioè il battesimo; ma non ne usa. Quando?
Quando è più necessario che mai, ch'ella non sia corriva; nell'età
che decide sovente di tutta la vita; nella primavera o
nell'adolescenza in cui si forma l'avvenir della pianta o dell'uomo.
Quand'ell'è fanciulla e semplicetta, quando bisogna ch'ella fatichi
e si notrichi. E anche questa fatica e questo nutrimento sono per
lo più vani,
se guida o fren non torce il suo amore.
Onde convenne legge per fren porre,
convenne rege aver, che discernesse
della vera cittade almen la torre.
Ci vuole una guida, che discerna per lei; è necessario un lume
altrui, poichè il suo non vale. Ci vuole una legge per freno; è
necessario un voler altrui, che aiuti il suo a durar quella fatica e a
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