Page 278 - La mirabile visione
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cacciato in esilio, sì per essersi incamminato nella via della vita
civile. Però dal 1292 al '95, su per giù, aveva studiato con la
mente a quella. È naturale quindi che avesse scritto alcunchè,
delle sue grandi fantasie mistiche, in prosa e magari in versi.
Questi appunti o questa bozza venuta sotto gli occhi di Dino di
messer Lambertuccio, è naturale che lo facesse maravigliare "sì
per lo bello e pulito stile, sì (aggiungiamo noi, specialmente) per
la profondità del senso, il quale sotto la ornata corteccia delle
parole, gli pareva sentire". Ed è naturale che questi appunti o
questa bozza non fosse d'opera che nel 1301 o '2 avesse alle mani
(chè altrimenti l'avrebbe recata seco, dovunque egli fosse allora)
sì di cosa da tempo intralasciata. Ma la verità lampeggia nella
circostanza, che tale, comunque fosse cominciamento creduto
della Comedia, si fosse mandato a Moroello, al quale è indirizzata
la epistola sibillina e la canzone augurale. Queste fanno veder di
essere rivolte a un iniziato, a uno che di tali cose avesse ragionato
in altri tempi, e ora potesse comprendere. Dante con esse dice a
Moroello: "Sì, quel poema di cui voi allora m'esortaste a
riprender l'idea, sì, lo farò. Appena toccato l'Arno, l'antico amore
m'ha ripreso. Ma qual terribil cosa! Ho lasciato il Convivio, e
sotto la guida d'Amore comincio il gran viaggio. A voi è giusto
che lo faccia sapere".
XXIII.
LA SELVA E LA FORESTA
In Ravenna, nella città dove aveva già fatto l'ultimo nido
l'aquila, prima che sotto lei Carlo Magno vincesse, Dante
cominciò è finì il poema sacro che aveva ripensato nel Casentino,
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