Page 277 - La mirabile visione
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sette canti. Li quali poichè il marchese, uomo assai intendente,
           ebbe   veduti,   e   molto   seco   lodatigli,   gli   mostrò   a   Dante,
           domandando se esso sapea cui opera stati fossero. Li quali Dante
           riconosciuti, subito rispose che sua. Allora il pregò il marchese
           che gli piacesse di non lasciare senza debito fine sì alto principio.
           Certo, disse Dante, io mi vedea nella ruina delle mie cose questi
           con molti altri miei libri avere perduti, e perciò sì per questa
           credenza, e sì per la moltitudine delle fatiche sopravvenute per lo
           mio esilio, del tutto avea la fantasia, sopra questa opera presa,
           abbandonata. Ma poichè inopinatamente innanzi mi sono ripinti,
           e a voi aggrada, io cercherò di rivocare nella mia memoria la
           imaginazione di ciò prima avuta, e secondo che grazia prestata mi
           fia, così avanti procederò. Creder si dee lui non senza fatica aver
           la   intralasciata   fantasia   ritrovata;   la   quale   seguitando,   così
           cominciò:  Io dico seguitando ch'assai prima  etc.; dove assai
           manifestamente,   chi   ben   riguarda,   può   la   ricongiunzione
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           dell'opera intermessa riconoscere" .
              Togliete da questa narrazione ciò che è frasca e fantasia o
           logica del narratore; togliete specialmente ciò che cotesta fantasia
           ha aggiunto in contradizione coi fatti; per esempio che fossero i
           sette   canti   de'   quali   nel   sesto   Ciacco   predice   cose   avvenute
           nell'anno del bando; la qual aggiunta si deve a quel principio del
           canto ottavo, che appunto il  narratore  cita; togliete quel  che
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           volete: la narrazione in fondo vi apparirà esatta . Dante aveva
           intermessa la mirabile  visione, sebbene, non per essere stato
           250   La vita di Dante... per cura di ERostagno: 23.
           251   Il concetto angolare della Comedia è nelle nozze del nuovo Giacobbe con
              la nuova Rachele; le quali nozze impetrò Giacobbe, servendo Laban cioè la
              Grazia, per sette anni e poi altri sette. Nella lettera a Moroello campeggia il
              pensiero del  servaggio  alla Grazia. E io sospetto che nel quadernuccio,
              contenente la bozza giovanile della Visione, avesse luogo l'interpretazione
              di quella storia biblica, in cui dominava il numero sette, e qualche divisione
              dell'opera in cui si procedesse per questo numero. Onde la tradizione,
              singolarmente rafforzata da quell'Io dico seguitando, a principio del canto
              ottavo dell'Inferno.


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