Page 275 - La mirabile visione
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là ond'io vegno una catena il serra
tal, che se piega vostra crudeltate,
non ha di ritornar più libertate.
Dalla fonte dell'Arno manda la canzone per la fiumana a trovar
Fiorenza. Ella già dal 1311 ha rinnovata contro il Poeta la
sentenza di morte, che doveva poi, nel 1315, estendere anche ai
figli. Con la sua testa, per la quale già presentiva l'alloro
immarcescibile, sarebbe dovuta cadere anche quella dei figli, cui
in ogni caso faceva innocenti l'età novella. Ma esso, con le sue
terribili lettere, non era, verso la patria, innocente: egli aveva fatto
guerra alla guelfa città. Ed egli ora fa annunziare la tregua.
Risponde, con questi versi, alla riforma di Baldo d'Aguglione.
Dice: sta bene! La immensa idea del poema sacro lo incatena.
Anche se i Fiorentini vorranno impietosirsi e richiamarlo, egli
non verrà, se non compiuto il poema che non è ancora
cominciato. Quando per più anni questo avrà fatto macro il suo
signore, e il triplice regno dell'oltremondo sarà descritto, allora sì:
certo essi lo vorranno tra loro il Poeta, cinto di gloria, e il Poeta
tornerà, non come un bandito cui si perdona, ma come un
trionfatore che s'incorona.
L'Alpigiana che Dante amò nel suo anno quadragesimo ottavo,
era dunque l'idea del suo poema, apparsagli come lampo tanto
luminoso quanto rapido, seguito dal rimbombo confuso e lungo
d'una meditazione piena di sgomento. Per una di quelle enormi
ironie che la storia registra, nè altre ne conta più enorme di
questa, la tradizione a questa Alpigiana eterea come il baleno,
dalla voce di tuono che si franga tra l'alpi, prestò il gozzo, forse
comune in alcuna di quelle vallate o borgate. La critica ha saputo
distruggere la stolida credenza d'un amor volgare di Dante quasi
vecchio, il quale ne scriva goffamente a Moroello; fosse egli il
"vapor di val di Magra", uomo perciò grave e forte, o il
giovanetto amico di Villafranca, unito al savio e dotto esule,
come è verosimile, per la reverenza e l'ammirazione. A Moroello,
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