Page 273 - La mirabile visione
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L'anima si figura questo poema, così come ha da essere bello e
           difficile: e fa il proprio danno, perchè lo riguarda, e così lo
           desidera, e così soffre. E continua dicendo che la ragione non ci
           può nulla, e che l'angoscia si manifesta con lamenti e lagrime. E
           nella terza stanza continua a narrare come questa "nemica figura",
           che ha vinto il suo libero arbitrio (la virtù che vuole), lo conduca
           a suo talento, dove vuol ella e non esso. Egli è la neve che va al
           sole... Oh! di ciò si ricorderà nella Comedia, dicendo, che il
           poema l'ha fatto macro! È prigione, va a morire. Ma gli par di
           sentire   parole   di   speranza...   Chi   le   pronunzia?   Oh!   noi   lo
           sappiamo, chi. È Virgilio, son le Muse, è il buon Apollo, è la
           coscienza del lungo studio e del grande amore e dell'alto ingegno!
           E nella quarta esprime il concetto del lampo e del tuono, della
           luce seguìta dalle tenebre; che è la visione del poema, intera e
           perfetta, seguìta dallo scoramento di chi deve ricostruirla a parte a
           parte.
              L'ultimo:

                     Così m'hai concio, Amore, in mezzo l'alpi,
                     nella valle del fiume
                     lungo il qual sempre sopra me sei forte.


           Perchè lungo l'Arno, l'Amore è più forte di Dante? Perchè lungo
           l'Arno egli già pensò la Comedia, ossia vide la mirabile Visione; e
           qui ora la ripensa, e qui la rivede.

                     Qui vivo o morto, come vuoi, mi palpi
                     mercè del fiero lume
                     che folgorando fa via alla morte.

           Il fiero lume che uccide folgorando, è quel lampo dell'epistola e
           quel dolce riso della stanza precedente, seguiti ambedue dal tuono
           e dallo sbalordimento.



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