Page 265 - La mirabile visione
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ove tanta tempesta in me si gira?


           E nella terza:

                     La nemica figura che rimane
                     vittoriosa e fera,
                     e signoreggia la virtù che vuole.


           E altrove sono altre imagini a dichiarare il concetto che è nelle
           parole: regnat... Amor in me nulla refragante virtute. Il poeta dice
           di sè, che è "in potere altrui", che è feruto, senza vita, tutto
           tremante di paura, serrato da una catena, senza più libertà. E nella
           epistola, oltre che nella fine, sono di tai concetti anche più su. Vi
           si parla di  vincula, di  negligentem carceratum, di  terrore, di
           Amor terribilis et imperiosus, di dominus che occidit... expulit...
           ligavit...  relegavit...  liberum arbitrium ligavit; sì che al Poeta
           convien andare ove vuol lui, non dove vuol esso. Inoltre l'amore è
           raffigurato nell'epistola così: "una donna, come folgore che cada,
           m'apparve... Oh! quanto rimasi attonito nel mirarla! Ma lo stupore
           cessò col terrore del tuono che seguì il baleno. Chè come alle
           corruscazioni divine succedono subito i tuoni, così, veduta la
           fiamma della bellezza di lei, ecco l'Amore terribile e imperioso
           mi tenne". E nella canzone, stanza quarta, dice che egli rimane
           senza vita, dopo che è feruto dagli occhi della "nemica figura".
           Poi, l'anima torna al cuore, ma tutta smemorata. Esso si riprende a
           stento e trema tutto e impallidisce per il tuono che gli giunse
           addosso:

                     che se con dolce riso è stato mosso,
                     lunga fiata poi rimane oscura (la faccia)
                     perchè lo spirto non si rassicura.


           C'è   qui   dunque   un   lampeggiar   di   dolce   riso,   seguito   da   un
           rimbombo, che fa tremare, impallidire, stupire e dimenticare.



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