Page 259 - La mirabile visione
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l'altro,   non   dice   nulla,   ma   come   cane   addenta   il   cranio   del
           nemico. Tacciono i compagni o vicini, tutti e due; mentre la
           donna fa il racconto d'uno spasso cavalleresco, qual'è la lettura
           d'un   romanzo   d'amore;   e   l'uomo   narra   un   sogno,   orribile   e
           sanguinoso, ma d'uno spasso pur cavalleresco: una caccia. E non
           è da tralasciare che in principio dell'un dramma si parla delle foci
           del Po, e in fine dell'altro, delle foci dall'Arno; opposte foci, come
           è opposto l'amore e l'odio, il principio dell'inferno e la fine, il
           bacio che trema lassù e il morso che scricchiola laggiù.
              Or vediamo quanta persuasiva congruenza è nei tratti della vita
           di Dante, che ci paiono certi, con la genesi, che ci studiamo di
           rilevare, del suo poema. L'esule fiorentino all'avvento di Enrico
           ritrova nel cuore rinfrescate tutte le speranze del ritorno e tutte le
           memorie della patria. Stando alla fonte dell'Arno, egli rivive il
           tempo che di poco precede l'esilio. Si vede, senza sforzo, nel
           mezzo   del   cammino   della   sua   vita,   così   grama   da   più   d'un
           decennio. Tutto e tutti, che erano nella sua patria, quando dovè
           lasciarla o non potè rientrarvi, gli appariscono vivi della vita
           d'allora, col  sembiante di quei tempi. Aspetta, errando forse di
           castello in castello, nel Casentino. Quei luoghi, quei discorsi, quei
           personaggi gli s'imprimono nella mente. Egli conosce (almeno ne
           sente parlare) la figlia del conte Ugolino: apprende o ricorda quel
           lugubre dramma, tanto più ch'egli è forse andato a Pisa, a veder
           l'imperatore e Uguccione. Sente là parlar bene di Can della Scala,
           ch'egli   aveva   conosciuto   fanciullo.   Quando   Arrigo
           inopinatamente muore, ogni speranza crolla. Egli ripercorre le
           vicende di quella corsa punto faustissima: Ci voleva più rapidità e
           risoluzione:   il   Cane   doveva   essere   più   veloce:   doveva   esser
           veltro, contro questa che non è una volpicella, ma una lupa. Il
           Casentino non è più rifugio sicuro per lui: quei conti sono troppo
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           abituati a cambiar parte . E passa le "alpi di Appennino". Si


           237   Per esempio quei di Romena.


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