Page 249 - La mirabile visione
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descritto in una di quelle donne antiche, in quella nella cui schiera
           è la nuova vittima d'un inganno fatale. L'ha descritto, quando fa
           che per l'ombra oscura, tra le ombre dei morti, per i luoghi pieni
           di squallore, per la notte profonda, Enea parli a Didone morta, per
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           placarla e farla piangere ; ed ella sta immobile con gli occhi fitti
           a terra. "A che pensa?" domandava, forse, Dante leggendo l'alta
           tragedia. Tutto è vano: ora ella pensa al certo. L'ha descritto, quel
           dolore, il poeta di Didone, quando fa che tutti riposino il corpo
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           nella notte, e sola la Fenissa vegli con l'anima irrequieta ; e
           quando, specialmente, narra che ella, poco prima di uccidersi,
           contempla le vesti iliache e il noto letto, e vi si indugia con
           lagrime di rimembranza (lacrimis et mente), e vi stende su, e dice
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           le novissime parole:  Dulces exuviae... !  "Lo sa, lo sa il tuo
           dottore, che ha raccontata la storia di Dido, di quella Dido, nella
           cui schiera io sono; quella storia che tanto assomiglia alla mia!"





                                         XXI.


                                    IN RAVENNA

              Questa glorificazione... Perchè è glorificazione. Chi dirà: "ma
           Francesca è posta nell'inferno"? Nessun lettore poteva allora,
           come non può ora credere al poeta in questo, che egli l'abbia
           veduta laggiù; ma gli credeva e crede e crederà nel resto: ch'ella
           era bella e amante e sventurata; che era simile a una di quelle
           donne antiche, a quella, anzi, di cui più pietosa e illustre è la
           storia. Questa glorificazione non può essere stata imaginata dal

           226   Aen. VI 467 sqq. E forse Dante lacrimasque ciebat interpretava "faceva
              piangere", piuttosto che "voleva far piangere", o "piangeva".
           227   Aen. IV 522 sqq. Confronta carpebant fessa soporem corpora, con At non
              infelix animi Phoenissa.
           228   Aen. IV 648 sqq.


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