Page 246 - La mirabile visione
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Poi cominciai: Poeta, volentieri
parlerei a quei duo...
Questo cominciamento di Dante è poscia che Virgilio ebbe
nomate quelle altre ombre: in vero Virgilio non noma queste due.
L'insistere del Poeta su quel nominare e nomar di Virgilio,
prepara, dopo il chinar del viso, dopo il lungo pensare, dopo la
esclamazione quasi tra sè e sè di compianto, prepara quel nome
sussurrato: Francesca! E l'esclamazione emessa quasi a parte è da
interpretarsi rettamente.
Oh! lasso!
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!
Queste parole, congiunte col nome che poi pronunzia, attestano
non che egli abbia raccolto dalla bocca dell'anima offensa materia
a tanta meditazione e a tanto compianto, ma che le brevi
designazioni di quella donna l'hanno fatto ripensare a un caso
pietoso già saputo, e di cui sa, anzi, molti particolari, salvo che il
primo e più importante: la prima radice. E intanto le parole di
Francesca gli hanno già letto di lei il nome, come nell'episodio di
Cavalcante.
Che se ne induce? che Dante conosceva l'amore e la sventura
di Francesca da domestici conversari con Guido Novello; e che li
rinarrò nel suo poema per piacergli e compiacergli.
In verità, qual cronista, dei commentatori e biografi di Dante
in fuori, ricorda quella sventura e quell'amore? Da chi potè Dante
apprendere tale storia così intima e delicata? Poco verosimile è
certo che ne avesse notizia lungi da Ravenna. La quale città egli
descrive, per la postura, in un modo che noi mal volontieri
crediamo potesse fare, prima d'esservi andato e avervi dimorato.
Siede la terra dove nata fui,
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