Page 235 - La mirabile visione
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chi la ne voleva". E l'interpretazione dei decem vascula dà e, a
           sua volta, riceve gran lume di certezza da questo numero tredici,
           dei canti ritrovati; chè si capisce come, per quest'ultima cantica
           almeno, i canti che Dante mandava a messer Cane e ad altri (nel
           nostro caso, a Giovanni del Virgilio) e che erano "sei o otto o più
           o meno", furono appunto dieci e poi dieci; sicchè rimasero tredici
           non mandati, non trascritti, non conosciuti.
              Ora se ventitrè canti, e del paradiso, della cantica cioè, per la
           quale al Poeta fu necessario entrar nell'aringo con ambedue i
           gioghi   di   Parnaso;   se   ventitrè   canti   di   questa   cantica   potè,
           compiere in due anni; i cento dell'intero poema poterono ben
           essere   compiuti   in   otto.   E   così   noi   risaliamo   al   1313.   In
           quell'anno avrebbe cominciato il suo poema; a metà di quell'anno;
           dopo l'annunzio della morte dell'alto Arrigo; dopo il 24 di agosto.





                                         XX.

                                  ROMAGNA TUA


              Nel Convivio, della Romagna non è, si può dire, menzione. Di
           personaggi   romagnoli   non   sono   nominati   che   Guido   da
           Montefeltro, uomo di nomea italica, (Co. 4, 28) e Galasso pur da
           Montefeltro (4, 11). E sì che vi si fa ricordo di Gherardo da
           Cammino da Treviso (Co. 4, 14), di Asdente, il calzolaio di
           Parma, (ib. 16) di Guido da Castello, da Reggio (ib.), i quali tutti
           e tre hanno luogo nella Comedia (Inf. 20, 118; Pur. 16, 124 e
           125).   Vi   sono   rammentati   Manfredi   da   Vico,   San   Nazaro   e
           Piscitelli o Piscicelli, di Viterbo, di Pavia, di Napoli. (ib. 29) Nel
           libro di eloquenza, si parla come degli altri volgari, anche del
           romagnolo; si fa una distinzione, a dir vero, esatta, tra il parlare
           de' Faentini e de' Ravennati; (1, 9) ma non si ragiona al certo di



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