Page 230 - La mirabile visione
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supremamente pio. Tornerà dunque pio vate, dopo aver cantato
           cose degne d'Apollo, con altra voce, cioè con quella con cui si
           canta il lieto peana, con altro vello, che d'agnello, come quando si
           partì, ma con la lunga veste in cui è l'antico citaredo; poeta, come
           quelli antichi, grandi e regolari; e si troverà anche esso come loro
           presso un fonte, non dell'Eridano, ma del battesimo, circondato le
           tempie, anch'esso, sì, di  nivea vitta. E anch'esso dimorerà in
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           luoghi lieti, tra amena verzura, in una sede beata : nella patria.
           Vogliam credere, ripeto, che in questo trionfale ritorno Dante
           veda anche l'accoglimento solenne nel suo bel San Giovanni? che
           la  nivea vitta  del poeta pio e degno d'Apollo, sia proprio una
           birettatio? Si può credere e non credere. Certo fa d'uopo credere
           che   il  peana,  che   Dante,  nella  ecloga,  vuol   cantare,  facendo
           risonar di belati i colli e i pascoli, è questo medesimo peana della
           Comedia; ed è per il gran trionfo d'essere riuscito a fare in
           volgare un poema quali gli antichi; che ha anzi, una parte in più
           dell'Eneide: quella appunto, che Giovanni del Virgilio ignora e
           che   quel   povero   Melibeo   sa.   Chè   l'ovis   gratissima  è
                                                                        199
           indubbiamente la Comedia volgare, nella sua ultima cantica :
           Ser Dino, cui l'alveolus tien lontano dal Menalo latino, che gli è
           perciò ignoto, conosce questa cantica; l'ha vista nascere, la vede
           crescere, la vede porgere le poppe al pastore. Indubbiamente! Ciò
           deduco   dal   raffronto   dell'ecloga   prima   Dantesca   alla   decima
           Virgiliana che è a lei principal modello. Codesta decima è quella
           che sa più di ogni altra, d'epistola. È indirizzata a un amico poeta
           e ne fa molte lodi: contiene dialoghi, ma in forma narrativa. Era
           presente allo spirito di Dante, quando egli lavorava all'"ultimo
           lavoro". Vi è nell'una e nell'altra Maenalus e Maenala, saltus e
           capellae; saturae là, qua pastae; là e qua sub rupe; là Arethusa,
           concede, concedite, silvae, qua concedat Mopsus; là, Galle quid

           198    Aen. VI 657, 645, 658, 665, 638. Vedremo come egli professi codesta
              speranza alla foce di quell'Eridano, al cui fonte sono i pii vates.
           199  Opinione di altri, come può ognuno vedere nel bello
           studio di FNovati.


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