Page 226 - La mirabile visione
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Bologna, per altro, c'è cagione di alcun timore; non è meglio
attendere di essere laureati a Fiorenza? Sì, ma il tempo passa,
replica ser Dino. E Dante insiste: Sì: io voglio aver finito il
paradiso, con le sue stelle (circumflua corpora) e coi suoi santi e
angeli (astricolae). Mopso lo vorrà allora concedere, Mopso che
non apprezza se non la poesia latina? E, poichè ser Dino si
meraviglia. Dante gli rilegge la lettera di Mopso, dove disdegna
le rime e la lingua volgare. Dal che si ricava che il peana Dante
ha detto d'essere per cantarlo, quando avrà finito il paradiso e la
Comedia; e perciò di non poterlo cantare a Bologna, dove, oltre
varie difficoltà, non ci sarebbe forse il consenso di Giovanni del
Virgilio. E come far ricredere Mopso? - Gli manderò dieci vasi di
latte della mia pecora più cara. - Si interpreta dall'antico
glossatore che la pecora sia la poesia bucolica; si dichiara da un
valente critico moderno che i dieci vasi di latte siano un libro
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d'ecloghe nel numero consacrato da Virgilio, di dieci . E il senso
correrebbe così: "A Bologna non vorrei andare; non è meglio
laurearsi a Fiorenza? Quando il paradiso sarà terminato, prenderò
certo il cappello. Mopso lo permetterà? Egli non vuol saperne, di
volgare; ma per convincerlo, gli manderò dieci ecloghe, quante ne
fece Virgilio". E il senso corre così bene, che così invero intese
Mopso, che rispose a Titiro che la sua ecloga fu molto ammirata,
e che Dante sarà o secondo dopo Virgilio, o un altro Virgilio a
dirittura; e che gli augura di tornare in patria, ma intanto può
cantare (latinamente) con esso lui e deliziarsi, a Bologna, dove
non c'è nulla da temere. Iola (Guido Novello) non lo permetterà?
Oh! il mio antro non è men sicuro della sua casa o capanna; e qui
sarai amato e vedrai il Mussato. E io farò altrettante ecloghe,
"quante tu ne prometti. Sebbene, mandar latte a un pastore...".
Così intende Mopso, e d'aver così inteso mostra anche con
l'epitafio che scrisse di lì a non molto del grande Poeta:
192 FNovati. Indagini e Postille Dantesche: p. 54 segg.
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