Page 223 - La mirabile visione
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screziata di fiori. Li circonda un ruscelletto, che s'è fatta la via
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           dall'alto donde sorge . Là Mopso, mentre i bovi ruzzano per le
           pieghevoli erbette, contempla lieto l'opere degli uomini e dei
           celesti. Poi, dando fiato alla zampogna, manifesta le gioie del suo
           cuore, sì che gli armenti seguono il suo canto, placati dal monte
           scendono al piano i leoni, e le onde corrono addietro, e Menalo 182
           accenna col fruscìo delle sue frondi. - E Melibeo ripiglia: - O
           Titiro, se Mopso canta tra verzura a me ignota, tuttavia potrei i
           suoi   carmi,   per   quanto   a   me   ignoti,   se   tu   me   li  mostrassi,
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           insegnarli alle capre errabonde . Che aveva a far io, poichè
           questi insisteva anelando? - Sai? Mopso s'è dato alla poesia,
           mentre   gli   altri   vanno   là   ad   apparar   leggi,   ed   è   impallidito
           nell'ombre del sacro bosco. Pieno di poesia, egli m'invita alle
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           frondi cresciute dalla fanciulla del Peneo conversa in albero .
           Melibeo esclama: - E che  farai? Pastore errerai sempre per i
              corrispondenza con l'ecl. X 14: Pinifer... Maenalus et gelidi... saxa Lycaei. I
              due monti arcadici sono fusi in uno, con quell'idea del rezzo.
           181   Alveolus, comenta il glossatore, stilus humilis. Errore! Dante attribuisce al
              poeta bolognese stile tutt'altro che umile, nel cantare hominum superumque
              labores! Ma il buon glossatore ha preso un dirizzone dal bel principio,
              nell'interpretare malamente i pascua. Si tratta di un fiumicello che circonda
              i pascoli del Menalo e li  difende  da chi non sa, come quel del Limbo
              difende il nobile Castello. Melibeo non poteva passar quello come terra
              dura; e perciò i pascoli gli erano ignota.
           182   Nell'ecl. X 56 è Maenala, come qui, mentre più su, nell'una e nell'altra, è
              Maenalus.
           183    In   herbis   ignotis,   ignota   carmina,   te   monstrante;   allude   alla   poca
              conoscenza che ha Melibeo di latino. Titiro deve tradurre i canti di Mopso,
              per farli intendere a Ser Dino. Qui  capris  e più su  capellas:  scolares,
              interpreta l'An.
           184   È arbitrario interpretare queste frondi per una "laurea" vera e propria, sì
              nella proposta di Giovanni e sì nella risposta di Dante. Indicano esse il
              pregio della vera "poesia" che era, anche già secondo Dante, solo latina. E
              Giovanni che chiama Dante "censor liberrime vatum" mi pare dovesse
              conoscere il Trattato d'eloquenza, oltre l'episodio di Bonagiunta. Questo
              solo non mi pare potesse condurre Giovanni a chiamare l'altro censore, e
              senza peli sulla lingua. Vedi il cap. VII e seg. a pag. 60.


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