Page 227 - La mirabile visione
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Pascua Pieriis demum resonabat avenis:
Atropos heu! lectum livida rupit opus.
Ma intende bene? Qui sta il punto. Già a me pare che il grande e
il piccolo poeta non s'intendessero per la laurea, se il grande parla
d'una vera e propria laurea o d'un reale "convento". Scrive
Mopso, che se vuol altra fama, che quella che dispensa il volgo,
en ego iam primus, si dignum duxeris esse,
clericus Aonidum, vocalis verna Maronis,
promere gymnasiis te delectabor ovantum
inclita peneis redolentem tempora sertis...
Mopso, cioè il buon verna Maronis, presenterà Dante ai lettori e
agli scolari di Bologna: quel che segue, non è forse una
circoscrizione poetica per dire "te poeta"? poeta nel senso distinto
da rimatore? Il fatto è che nella replica di Mopso a Titiro, di
laurea non mi pare si parli più; nell'epitafio, dove pur si tocca
delle Bucoliche interrotte, di laurea non si tocca. Ma lasciamo
questo punto: l'altro punto dei dieci vasi, l'intende, Giovanni del
Virgilio, bene? Dante, scrivendo la sua seconda ecloga, dice che a
Bologna, ai sassi etnei, non andrà, perchè teme di Polifemo, e si
fa dire da Alfesibeo, che è un magister Fiducius de Milottis de
Certaldo medicus, qui tunc morabatur Ravennae: Ah! ti prego:
non sia mai che il Reno e quella Naiade abbia questo illustre
capo, cui già il frondatore s'affretta a scegliere in vetta all'alloro le
foglie dell'immortalità. Non sia mai che vada a Bologna questo
capo, cui già si prepara l'alloro! Questo concetto non si accorda
con l'interpretazione data prima, dei dieci vasi, e di ciò che
precede e segue.
In verità: per conventarsi, se mai, non a Bologna, ma a
Fiorenza, Dante avrebbe promesso le dieci ecloghe a Giovanni!
Ora, questo medesimo intento, di prendere il cappello nella patria,
Dante lo manifesta nel poema sacro con parole che tutti
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