Page 220 - La mirabile visione
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sull'inverosimiglianza del fatto che in sì breve tempo, da più in là
che mezzo il 1313 a più in là che mezzo il 1321, prendendo i
termini più larghi, in otto anni insomma, potesse Dante compiere
quel poema che lo fece macro per più anni.
Ebbene alcuni si figurano Dante nell'atto di lavorare così come
se spesso si grattasse il capo e si rodesse al vivo le unghie: io lo
vedo empir le carte della sua lettera magra e lunga e molto
corretta con rapidità e sicurezza. Alcuni mostran di credere
ch'egli facesse un passo avanti e due indietro: io vedo al baleno
dell'idea seguir di schianto il tuono, rotto aspro cupo, della parola.
Alcuni amano di pensare che, a modo del suo maestro Virgilio,
Dante leccasse, quale orsa, i suoi versi nati goffi e grossi quali
orsatti: io vedo che i versi nati male, nati rozzi, nati storpi, Dante
li lascia tali quali. Alcuni, o i più, o tutti, esterrefatti avanti la
copia delle imaginazioni e delle disquisizioni, delle persone e
delle cose, non sanno come egli facesse a ritrovarcisi, senza una
lunga, continua, notturna e diurna meditazione. Io credo che egli
per la Comedia, come per le rime nuove, ci avesse pensato
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prima ! Io imagino che non dovesse durar molto stento e molto
tempo a rivocare alla visione tutti i suoi studi del Convivio e della
Monarchia. Io vedo che a tutto ciò che a noi pare così complesso,
così infinito, così inestricabile, sottostà un disegno semplice e
nitido. È una gran tela il poema sacro, ma era stata ordita prima
che la spola cominciasse il suo lavoro! Egli aveva fatto, per così
dire, una forma cava con pazienza e sapienza; e dopo vi gettava
dentro, con émpito tranquillo, il metallo della sua anima fuso
dalla sua gran passione. L'incendio crocchiava, sprizzava,
fumava; e il Poeta s'affrettava lentamente.
XIX.
174 Vedi a pag. 63 e 68.
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