Page 207 - La mirabile visione
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Dio. E conclude "O felice popolo, o Italia gloriosa, se quegli che
           indebolì  l'impero tuo  mai non  fosse  nato, ovvero  la  sua pia
           intenzione   non   l'avesse   ingannato!"   (2,   11)   La   quale
           esclamazione,   dico   di   passaggio,   avrebbe   potuto,   come   altre
           molte asserzioni, corredate di un  sicut... iam dixi  nell'Inferno,
           questa (18, 115) se è vero che l'altra della libertà corredò esso
           della citazione del Paradiso. Ma qui, secondo il mio avviso, non
           essendo nominato Costantino, l'interpolatore saccente non fu così
           saputo da riscontrare i due concetti identici. È invero una non
           dubbia interpolazione. Dante non cita mai se stesso a questo
           modo   ozioso;   mai.   Nel   Convivio   ricorda   la   Vita   Nova,   per
           rettificare;   nella   Volgare   Eloquenza   cita   sue   rime,   per
           addottrinare; nella Comedia, fa ricordare e citare queste e altre
           rime, per narrare e documentare e illustrare la sua arte. Qui
           avrebbe citato per nulla, se non per una cotal goffa vanità, che
           avrebbe avuto luogo tante altre volte!
              Ora è anche da dire che quel passo di  Monarchia  non può
           essere stato scritto al tempo del corso di Enrico. Il "Salvatore",
           che non può essere che quella specie di Cristo che è l'imperatore,
           non sarebbe detto atteso, se era presente. Nè il libro può credersi
           tuttavia   anteriore;   perchè   nel   Convivio   tale   speranza   non   è
           mostrata;  anzi, con la sommissione dell'esordio, è mostrato il
           contrario. E potrà alcuno pensare a tempo molto anteriore; al
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           tempo delle contese tra Bonifazio e Alberto . Ma ciò mette a
           soqquadro,   a   dirittura,   ogni   ragionevol   disegno   della   vita   di
           Dante. Bisognerebbe invero ammettere che il disegno e la prosa
           del Convivio fossero anteriori a quel tempo, perchè il seme è
           prima   della   pianta,   e   l'innesto   è   dopo   la   pianta ;   e   che   la
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           156   CWitte, IDel Lungo, Grauert.
           157   Il seme, i due capitoli 4 e 5 del IV del Convivio; l'innesto, le correzioni e
              aggiunte che Dante nella Monarchia fa a' concetti del Convivio: per es. a
              quello della nobiltà. Nel Co. 3, 8 non cita l'autore dell'opera di S. Martino
              Dumiense; in M. 2, 5 l'attribuisce, sia pure a torto, a Seneca. E altro, in
              rapporto alle epistole e al poema.


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