Page 199 - La mirabile visione
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indugio. L'Italia e l'impero non hanno così piccoli confini, come
           egli mostrò di credere fermandosi prima in Lombardia e poi in
           Liguria! Che fa egli a Milano? L'idra non si uccide per tagliar di
           capi. Bisogna svellere al pestilente animale il principio della vita,
           come fece il magnanimo Ercole. Che Cremona, che Brescia,
           Pavia, Vercelli, Bergamo! La volpe (vulpecula) della puzza non è
           sul Po nè sul Tevere; è sull'Arno, e si chiama Fiorenza. Questa è
           la vipera volta contro le viscere della madre; questa è la pecora
           inferma che infetta col suo contagio tutto il gregge del signor suo;
           questa è Mirra scellerata ed empia che brama l'amplesso di Cinira
           suo padre; questa è quella intollerante Amata che volle il genero
           non concesso dai fati, e attizzò la guerra, e infine s'appese a un
           laccio. Ella vuol lacerare sua madre, ella alza le corna contro
           Roma, ella esala fumi di putredine. Ella vuol farti nemico il
           Pontefice. Resiste all'ordine di Dio, riconosce un re non suo. Su,
           rompi gl'indugi, o prole d'Isai, abbatti Golia con la fionda della
           tua sapienza, con la pietra della tua fortezza. Fuggiranno i Filistei,
           e l'eredità nostra ci sarà restituita. Noi gemiamo nell'esilio...
              L'epistola è del 18 aprile del 1311. In essa colui che segnava in
           nomine   regis   pacifici,   è   anche   meglio   che   nella   precedente
           assomigliato al Cristo: "Allora esultò in te lo spirito mio, e tacito
           dissi tra me: Ecce agnus dei, ecce qui abstulit peccata mundi".
              E l'agnello di Dio veniva per mare a Pisa poco men d'un anno
           (quanto   lungo   aspettare   per   l'esule!)   dopo   quell'epistola.   Ivi
           dimorava dal 6 marzo al 23 aprile del 1312, e ivi forse Dante lo
           rivedeva. Egli già, dal 24 settembre dell'anno prima, era stato
           ricondannato,   per   non   vero   guelfo,   nella   riforma   di   Baldo
           d'Aguglione; e non aveva più speranza di tornare in patria che
           con l'armi imperiali. Le quali invano assediarono la città dal 19
           settembre   del   1312   a   tutt'ottobre.   La   notte   d'Ognissanti
           l'imperatore levava il campo e si trasferiva a S. Casciano e a
           Poggibonsi e a Pisa. Il 24 agosto del 1313 l'imperatore moriva.
           L'"alto Arrigo" come lo chiamò Dante, il "fierissimo tiranno



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