Page 198 - La mirabile visione
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osservanza, se è lieta se è libera, non solo si prova non essere
servitù, ma, chi ben guardi, apparisce, qual essa è, il sommo della
libertà. Che infatti altro è libertà se non il libero corso della
volontà all'azione, corso che le leggi appianano ai loro seguaci?
Sicchè soli essendo liberi quelli che volontariamente obbediscono
alla legge, quali crederete esser voi, che mentre vi coprite con
l'amor di libertà, cospirate, offendendo tutte le leggi, contro il
principe di esse?" E continua paragonando il "baiulo dell'imperio
romano" al Cristo "che patì le nostre infermità e portò i nostri
dolori".
Scriveva a' 31 di marzo, nei confini di Toscana, sotto il fonte
dell'Arno (ch'egli chiama Sarno male interpretando Virgilio),
l'anno primo del faustissimo passaggio di Arrigo Cesare in Italia.
In verità ad Arrigo non era valso di parlare "in nomine Regis
pacifici", cioè di Gesù, che, come aveva scritto il buon papa
Benedetto, "per la pace del mondo venne fra noi e pace lasciò a
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noi" ; non era valso di non voler udir ricordare parte guelfa o
ghibellina; non era valso che la sua volontà fosse giustissima
"perchè ciascuno amava, ciascuno onorava, come suoi uomini" .
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Egli vedeva imperversare le vecchie discordie sotto i suoi occhi,
si vedeva chiuder le porte della città, si doveva indugiare ad
assediare Brescia e a districarsi dai sempre rinascenti viluppi di
Lombardia. E Dante, dal fonte dell'Arno, aspettava con
impazienza. E ad Arrigo, ponendo pochi giorni in mezzo, scrisse
di là un'epistola in cui ricorda d'averlo veduto (nei primi del 1311
a Milano) tutto benigno, e averlo udito tutto clemente, e d'aver
toccati con le sue mani i suoi piedi, e d'aver con le labbra pagato
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il suo debito . Nell'epistola egli dice, per sè e per altri, di temere
che il sole, che era sorto annunziando miglior secolo all'Italia, si
sia fermo o torni addietro. Maraviglia è in tutti per questo tardo
151 IDLungo, Op. cit. pag. 421.
152 IDLungo, Op. cit. pag. 422.
153 Epistola VII.
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