Page 195 - La mirabile visione
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che il Poeta tratterà nel terzo di Monarchia; e anche in quella
           limitata   esposizione,   Dante   sembra   piuttosto   un   guelfo   che
           risponda   a   chi   l'abbia   accusato   di   misconoscere   l'autorità
           imperiale, che un ghibellino che si faccia vanto di riconoscerla.
           Anche l'invettiva contro le bestiole può sembrare rivolta più che a
           guelfi contumaci, a ghibellini scìoli che cercassero, in loro grossi
           discorsi,   filando   e   zappando,   altro   fondamento   al   diritto
           d'imperio, che quel della fede. Quando scriveva questo Trattato,
           Dante s'era già fatto parte per sè stesso; la qual condizion d'animo
           se gli aveva suggerito di lasciar la compagnia malvagia e scempia
           de' Guelfi Bianchi, gli aveva permesso di cercar rifugio presso gli
           Scaligeri Ghibellini, e di lasciarli poi mal soddisfatto di loro
           nobiltà   non   verace;   e   di   essere   ospite   d'un   altro   Ghibellino,
           Franceschino Malaspina, e d'essere amico, forse, anche a Guelfi
           congiunti di costui, e di esser portato da quel "vento secco" a
           porti e foci e lidi che possono essere anche città guelfe come
           Lucca e Bologna. Chè certo essi porti e foci e lidi non si possono
           ridurre a due soli, cioè a Verona e a Mulazzo, sebbene questi due
           asili siano i soli accertati, perchè hanno ambedue, la esplicita
           testimonianza del Poeta nella Comedia; (Par. 17, 70; Pur. 8, 13) e
                                                                        148
           il   secondo   anche   un   documento   storico   inoppugnabile .
           Dovendo errare per tanti luoghi, quanti egli accenna, in tempi, in
           cui erano partite non solo le città, ma le famiglie (in Lunigiana
           egli ne faceva esperienza) la necessità stessa, se anche non era la
           sublimità equanime del pensiero, gli ingiungeva di elevarsi sulle
           parti e di non presentarsi se non come un dotto e un poeta
           immeritamente esule dalla dolce patria.
              Comunque ciò sia, noi dobbiamo credere che il Convivio egli
           lo interrompesse, soprapreso da una grande improvvisa speranza.
           Arrigo s'apparecchiava a venire in Italia, e nell'ottobre del 1310
           passava   le   Alpi.   Già   prima   della   discesa,   Dante,   secondo   la


           148   Su ciò ritorneremo. E dico sin d'ora che m'acqueto a ciò che dei Malaspina
              ospiti di Dante dice LStaffetti in Bull. Soc. Dant. It. N. 5. VI 6.


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