Page 192 - La mirabile visione
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intenzione di scrivere in prosa volgare un comento filosofico a
canzoni.
Il Trattato d'eloquenza è accennato nel Trattato di filosofia.
(Co. 1, 5) Questo, per il cenno che ha della morte di Gherardo da
Cammino, (4, 14) morto il 26 marzo del 1306, e per il cenno,
come di vivente, di Carlo II (ib. 6) che morì il 5 maggio del 1309,
si pone tra questi due anni, tra il 1306 e il 1309, il che s'accorda
con la rimessione e stanchezza di Dante nel ricordare il suo esilio
che doveva esser già lungo. E il trattato d'eloquenza dovè dunque
essere cominciato dopo il trecento e nove; ma il ricordo che v'è di
Giovanni da Monferrato come vivente, (1, 12) mentre morì nel
gennaio del 1305, induce a credere che ne fosse stata scritta, già
da allora, alcuna parte.
Nel 1309, dunque, Dante che aveva rinunziato sin dal 1295 a
profittare degli studi suoi per dire degnamente di quella
gentilissima e descrivere quella mirabile visione, speculava bensì,
nel suo triste esilio, ma per dare soltanto ammonimenti di vita
attiva. In quell'anno, o meglio nel seguente, stabilì, forse, di dar
fuori intanto il comento alle tre canzoni (il numero tre ha il suo
valore) come saggio e promessa di tutta l'opera, col fine
d'impetrare il ritorno; e così scrisse allora il proemio. Doveva
ancora fare undici Trattati in prosa, in cui parlare delle undici
virtù morali, diversamente composte e denominate e intese, ma in
quel numero che Aristotile aveva fissato. Per esempio, è possibile
che facendo una virtù sola della fortezza e magnanimità,
includesse nel novero e facesse anzi prima del canone, la virtù
intellettuale di prudenza. Doveva anche compire il suo libro
d'eloquenza volgare, aggiungendo almeno due trattati e finendo il
secondo. Beatrice, l'avrebbe riveduta nell'altra vita, quando a Dio
fosse piaciuto chiamar di là anche lui. Che il transito avvenisse
"nella bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza" era suo
desiderio e già speranza.
I due trattati, dei quali l'uno aiutava l'altro, forse avrebbero
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