Page 19 - La mirabile visione
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non si vede ancora sorgere, come io sogno che sorga, di vera
pietra, con le pareti istoriate di tutte le antiche figurazioni della
divina Comedia, con incisi nel pavimento, con dipinti nelle volte
tutti i simboli, tutte le sigle, tutti i rabeschi dell'evo medio.
Oh! erigilo, Ravenna, il monumento alle ossa di Dante e al suo
poema e al pensiero dei misteriosi secoli di mezzo, là in quella
Pineta. Le genti ti aiuteranno, perchè esse vogliono per certo
consacrare, in qualche unica guisa, la gloria del Poeta universale
che in sè riassume l'evo che per qualche millennio sarà
considerato come centrale nella storia del genere umano; perchè
questo non mai tanto cercò d'elevarsi quanto allora, che più
basso era caduto. La barbarie, che aveva dietro sè il paganesimo
elegante e feroce, parve allora disdegnare quella civiltà, volle,
per così dire, oltrepassare d'un salto, anzi d'un volo, quella
umanità, ed essere puro spirito. L'anima degli uomini mise l'ali in
quella età. E perciò gli uomini a quella età guarderanno sempre
con l'amore con cui si guardano i primordi. Così, quando tu avrai
edificato il monumento della divina Comedia, nella selva dov'ella
nacque, non ci sarà uomo pensante che non creda dover suo
peregrinare, una volta in sua vita, al tempio di Dante, ed essere
sensibilmente nell'oltremondo del suo pensiero. I grandi pini col
sussurro incessante ripeteranno al nuovo pellegrino il poema
dell'esule; e quand'anche tutto ciò che Dante vide e pensò e
cantò, fosse già scomparso, l'ultima campana che ancora
rimanesse su una torre, da Sant'Apollinare, l'unica ultima squilla,
sonerebbe sulla sera, e inviterebbe quel solitario uomo
dell'avvenire a piangere su tutto ciò che muore, che poi è sempre
così bello così buono, così pieno d'incanto così pieno di
rimpianto.
GIOVANNI PASCOLI.
Messina
nel novembre del MCMI
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