Page 14 - La mirabile visione
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dell'esilio divenuto allora definitivo, in un momento di tempesta.
           Forse   vi   si   indugiò,   forse   anche   vi   si   smarrì,  di  notte.   Egli
           rabbrividì   della   sua   nullità   tra   quelli   enormi   pini   che
           squassavano le nere teste e le mille braccia di giganti sopra il suo
           capo. La vide poi, di giorno, un giorno d'autunno, quando le
           eriche a' piedi dei pini erano gemmate dei loro bocciolini rosei, e
           fiorivano i colchici e i dianti e le radicchielle, i vermigli e i gialli
           fioretti. E lo scirocco blando e dolce piegava le fronde dei pini a
           ponente, ed esprimeva dalle loro ombrelle un sibilo armonioso di
           pioggia, e non turbava gli uccelletti che usavano la loro arte sui
           rami. E un canale gli toglieva di andar più oltre, in quella limpida
           mattinata, ed egli, l'esule, sostava a guardare le erbe che si
           stendevano sull'acqua corrente e pareva volessero andare con
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           lei . E in quell'ombra, tra quel canto, tra quel murmure d'acqua e
           di vento, Dante si ritrovò: trovò la sua Matelda, la sua arte, il suo
           poema: il suo poema che va da una selva a una foresta, e dalla
           foresta all'empireo; il suo poema di cui è centro quella foresta
           dove   è   quella   Matelda,   che   in   sè   unisce   la   vita   attiva   e
           contemplativa, mentre il poema comincia dal concetto della vita
           attiva   impossibile,   e   si   conclude   con   la   visione   del   mistero
           ineffabile per cui la carne si unisce al Verbo, lo spirito alla
           materia, il mondo a Dio.
              Ma codesti sarebbero sogni, per quanto non di infermi, se non
           soccorressero i dati storici della realtà. E questi dati li fornì per
           gran parte un tuo figlio, o Ravenna, degno di te: Corrado Ricci.
           Ma egli, come tuo tenero figlio, non osando (mi par di leggere nel
           suo cuore) credere a tanta gloria, a tanta fortuna tua, sua, nostra;
           sembrando a sè di presumere troppo, se avesse rivendicata a te e
           alla forte Romagna, che ha la tomba del Poeta, anche la culla del
           poema; moltiplicava ed esagerava al suo limpido ragionamento
           le obbiezioni, e ricusava di trarre le conclusioni dalle sue sicure
           premesse.  Il Boccaccio  afferma  che  Dante  dopo  la  morte   di
           8   Vedi L'Ultimo Rifugio di Corrado Ricci, pag. 114 segg. e anche la sua
              Guida di Ravenna, 2a, pag. 134 sgg.


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